Maria Stuarda di Donizetti ha aperto la stagione 2002 del Teatro Valli di Reggio Emilia. Regia sufficientemente funzionale in un'impostazione scenica statica che, alla lunga, risultava monotona. Bene Carmela Remigio nel ruolo di Maria, e Sonia Ganassi in quello di Elisabetta, nonostante una indisposizione annunciata ad apertura di serata. Coro e orchestra adeguati sotto la guida di Carminati. Applausi per tutti.

Recuperato, per l'apertura della stagione 2002 del Regio di Parma, il Marin Faliero di Donizetti. Preceduto di qualche giorno da una conferenza di studio attorno a quest'opera, il nuovo allestimento ha dimostrato tutto l'interesse per questo dramma musicale dimenticato, rivelandone, a mio avviso, anche caratteristiche inaspettate (ruolo di Elena). Molto bene i quattro protagonisti, Pertusi, Devia, Servile e Blake. Efficace la direzione musicale di Datone, adeguati senza eccellere coro e orchestra. Interessante la regia di Daniele Abbado.

Macbeth contestato a Parma, nella prima esecuzione dell'edizione critica della versione francese. Apprezzabile la direzione musicale di Pidò, senza particolari sfumature ma sostanzialmente efficace. Nulla di eccelso sul piano vocale, meglio il Coro. La regia di Pitoiset ha calavo la vicenda in un'atmospera da Seconda Guerra Mondiale a tratti pesante e, nel complesso, non riuscita.

Tutto esaurito per il Nabucco all'aperto della Fondazione Toscanini. Astratta ma tradizionale la regia di Stefano Monti, e sulla stessa linea le scene di Rinaldo Rinaldi. Protagonista il coro (Fondazione Toscanini) - con un "Va' pensiero" bissato per intero - ben gestito da Romano Gandolfi alla guida anche dell'orchestra Toscanini. Adeguate, in sintesi, le voci, con Juan Pons sempre efficace, ma con un timbro un poco rovinato. Tanti gli applausi alla fine.

Ultima tappa della trilogia popolare del Verdi Festival di Parma, La Traviata di Bertolucci/Rizzi ha riproposto la prima versione veneziana del 1853, quella del "fiasco". Più impegnativa ne deriva la parte del baritono, risolta con impegno da Vittorio Vitelli. Bene Sabbatini/Alfredo molto appassionato, qualche difficoltà per la Violetta di Darina Tukova; le altre voci più o meno adeguate. La regia di Giuseppe Bertolucci, al debutto come regista d'opera, era atemporale e simbolica, un poco pesante con le masse. Costumi eleganti, scene giocate sul nero e sul rosso di poltrone "Frau", non sempre afficaci. Rizzi ha diretto l'Orchestra del Centenario e il Coro forse in maniera troppo impetuosa. Alla fine applausi per tutti, con qualche mugugno dall'alto.

La Forza del destino di Busseto è stata piacevole, equilibrata, segnata da una regia discreta e rispettosa, tutta giocata sugli spazi a destra e sinistra del palcoscenico e su un'ambientazione storica tendenzialmente astratta. Di conseguenza ha guadagnato spazio l'interpretazione del direttore, Kovatchev, intensa e dinamica. Allestimento all'aperto, quindi amplificato. Dignitoso il cast di giovani, con qualche voce decisamente interessante, allevato da Carlo Bergonzi. Tanti gli applausi del folto pubblico.

Rigoletto al Verdi Festival segnato dalla regia di Brockhaus. Una regia forte, tutta centrata su una lettura complessa e simbolica del carattere del protagonista. Pagliacci, nani, un mondo dalla decadenza lussuriosa e derelitta che ha preso forma attraverso un gioco di colori basati sul rosso e l'ambientazione vagamente circense. Bene la Gilda di Patrizia Ciofi, gratificata da calorosi applausi, discreto il Duca di Beltran impegnato in acrobazie fisiche non indifferenti, e sufficiente il Rigoletto di Murzaev, come la direzione orchestrale di Riccardo Frizza, ventinovenne gettato francamente allo sbaraglio. Contestazioni decisamente colorite dal loggione, con tanto di "Cagli ladro" etc., soprattutto indirizzate alla regia. Applausi dalla platea.

I Capuleti e i Montecchi di Bellini a Ravenna sono andati in scena in un nuovo allestimento curato da Cristina Mazzavillani Muti caratterizzato da scene otenute con proiezioni digitali di opere del Carpaccio, alle quali facevano da contrappunto soluzioni sonore "speciali", quali riverberi e spazializzazioni. Il risultato non è stato fastidioso, ma nemmeno illuminante. Bene il direttore Kovatchev, alle prese con una novella formazione orchestrale romagnola, non eccelsa. Vocalmente ben preparate la Canzian/Giulietta e la Kulikova/Romeo. Gli altri adeguati. Successo di pubblico.

Trovatore di tutti giovani per il Verdi Festival di Parma. Suggestiva scenografia lunare con proiezioni sul fondo, regia efficace di Micheli, molto buona la direzione musicale di Cortese, un direttore che coltiva il suo talento a Boston. In linea con le aspettative la nuova Orchestra del Centenario, il Coro, mentre la compagnia di canto, nonostante l'entusiasmo, ha dato una prova discontinua. Ma sono giovani, e quindi il pubblico ha premiato con calorosi applausi tutti gli artisti impegnati.

Niente posti a Busseto. Quindi seguiamo il Falstaff dal maxischermo allestito al Regio di Parma. Surreale e straniante recensire un'opera come fosse un film, e per giunta scoprire che Muti è mancino! No. Era l'immagine rovesciata nel primo atto, e risistemata in seguito. Il cast è quello dell'allestimento scaligero, e ha dato in sostanza una buona prova. Il protagonista, Maestri, riempiva da solo il piccolo palcoscenico, mentre Muti si è trovato senza la metà degli archi, e ha riscoperto le sfumature che questa partitura riserva alla sezione dei fiati. Belle le scene e i costumi del 1913: un mondo da favola lontano lontano. Nella norma la regia di Cappuccio. Tantissimi gli applausi del ristretto pubblico di invitati.

Ritorna "Il trionfo di Clelia" dopo più di duecento anni. L'opera di Gluck e Metastasio è stata rappresentata a Lugo per la regia di Massimo Gasparon e la direzione musicale di David Agler. Efficaci le scene, bianche nere e oro, dello stesso regista, così come i bei costumi. Lodevole nelle intenzioni la direzione di Agler, con qualche approssimazione nelle scelte dinamiche. Alti e bassi per l'Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, anche se sostanzialmente equilibrata. Difficile la partitura vocale, con risultati discutibili per Cicchetti/Porsenna e Guilherme/Tarquinio. Meglio le altre voci maschili e bene quelle femminili (bella l'interpretazione di Bicciré/Larissa). Alla fine applausi e qualche "buu" per le voci maschili e la direzione di Agler.

La Norma di Biondi è stata contestata da un pubblico forse troppo abituato ad impostazioni tradizionali. L'opera aveva, comunque, una propria linea interpretativa coerente, caratterizzata dalla sonorità degli strumenti originali, dai tempi ora dilatati ora più stringati, e dal dato coloristico incisivo e marcato. Bene Europa Galante e il Coro, meno bene la compagine vocale, in cui emergevano il basso Abdrazakov, la soprano Barcellona, mentre il tenore Hoon è risultato poco incisivo, e deludente la Anderson, in visibile difficoltà. Forti (ed eccessive) contestazioni del pubblico, non solo verso i cantanti ma anche nei confronti di una regia bella ed equilibrata, nonché delle scelte interpretative di Biondi.