La Forza del destino di Busseto è stata piacevole, equilibrata, segnata da una regia discreta e rispettosa, tutta giocata sugli spazi a destra e sinistra del palcoscenico e su un'ambientazione storica tendenzialmente astratta. Di conseguenza ha guadagnato spazio l'interpretazione del direttore, Kovatchev, intensa e dinamica. Allestimento all'aperto, quindi amplificato. Dignitoso il cast di giovani, con qualche voce decisamente interessante, allevato da Carlo Bergonzi. Tanti gli applausi del folto pubblico.

Rigoletto al Verdi Festival segnato dalla regia di Brockhaus. Una regia forte, tutta centrata su una lettura complessa e simbolica del carattere del protagonista. Pagliacci, nani, un mondo dalla decadenza lussuriosa e derelitta che ha preso forma attraverso un gioco di colori basati sul rosso e l'ambientazione vagamente circense. Bene la Gilda di Patrizia Ciofi, gratificata da calorosi applausi, discreto il Duca di Beltran impegnato in acrobazie fisiche non indifferenti, e sufficiente il Rigoletto di Murzaev, come la direzione orchestrale di Riccardo Frizza, ventinovenne gettato francamente allo sbaraglio. Contestazioni decisamente colorite dal loggione, con tanto di "Cagli ladro" etc., soprattutto indirizzate alla regia. Applausi dalla platea.

I Capuleti e i Montecchi di Bellini a Ravenna sono andati in scena in un nuovo allestimento curato da Cristina Mazzavillani Muti caratterizzato da scene otenute con proiezioni digitali di opere del Carpaccio, alle quali facevano da contrappunto soluzioni sonore "speciali", quali riverberi e spazializzazioni. Il risultato non è stato fastidioso, ma nemmeno illuminante. Bene il direttore Kovatchev, alle prese con una novella formazione orchestrale romagnola, non eccelsa. Vocalmente ben preparate la Canzian/Giulietta e la Kulikova/Romeo. Gli altri adeguati. Successo di pubblico.

Trovatore di tutti giovani per il Verdi Festival di Parma. Suggestiva scenografia lunare con proiezioni sul fondo, regia efficace di Micheli, molto buona la direzione musicale di Cortese, un direttore che coltiva il suo talento a Boston. In linea con le aspettative la nuova Orchestra del Centenario, il Coro, mentre la compagnia di canto, nonostante l'entusiasmo, ha dato una prova discontinua. Ma sono giovani, e quindi il pubblico ha premiato con calorosi applausi tutti gli artisti impegnati.

Niente posti a Busseto. Quindi seguiamo il Falstaff dal maxischermo allestito al Regio di Parma. Surreale e straniante recensire un'opera come fosse un film, e per giunta scoprire che Muti è mancino! No. Era l'immagine rovesciata nel primo atto, e risistemata in seguito. Il cast è quello dell'allestimento scaligero, e ha dato in sostanza una buona prova. Il protagonista, Maestri, riempiva da solo il piccolo palcoscenico, mentre Muti si è trovato senza la metà degli archi, e ha riscoperto le sfumature che questa partitura riserva alla sezione dei fiati. Belle le scene e i costumi del 1913: un mondo da favola lontano lontano. Nella norma la regia di Cappuccio. Tantissimi gli applausi del ristretto pubblico di invitati.

Ritorna "Il trionfo di Clelia" dopo più di duecento anni. L'opera di Gluck e Metastasio è stata rappresentata a Lugo per la regia di Massimo Gasparon e la direzione musicale di David Agler. Efficaci le scene, bianche nere e oro, dello stesso regista, così come i bei costumi. Lodevole nelle intenzioni la direzione di Agler, con qualche approssimazione nelle scelte dinamiche. Alti e bassi per l'Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, anche se sostanzialmente equilibrata. Difficile la partitura vocale, con risultati discutibili per Cicchetti/Porsenna e Guilherme/Tarquinio. Meglio le altre voci maschili e bene quelle femminili (bella l'interpretazione di Bicciré/Larissa). Alla fine applausi e qualche "buu" per le voci maschili e la direzione di Agler.

La Norma di Biondi è stata contestata da un pubblico forse troppo abituato ad impostazioni tradizionali. L'opera aveva, comunque, una propria linea interpretativa coerente, caratterizzata dalla sonorità degli strumenti originali, dai tempi ora dilatati ora più stringati, e dal dato coloristico incisivo e marcato. Bene Europa Galante e il Coro, meno bene la compagine vocale, in cui emergevano il basso Abdrazakov, la soprano Barcellona, mentre il tenore Hoon è risultato poco incisivo, e deludente la Anderson, in visibile difficoltà. Forti (ed eccessive) contestazioni del pubblico, non solo verso i cantanti ma anche nei confronti di una regia bella ed equilibrata, nonché delle scelte interpretative di Biondi.

L'edizione di Macbeth a Modena ha, tutto sommato, raggiunto un buon esito. Le scene e la regia si sono indirizzate verso una direzione fortemente caratterizzata, anti-tradizionale, con esibizione di nudi, sangue, e barbarie varie. La resa musicale è stata in buona sostanza apprezzabile, con una direzione, quella di De Bernart, personale ma coerente con una lettura figlia del Novecento. I cantanti hanno ben reso i caratteri vocali dei protagonisti, adeguata la compagnia nel complesso, alti e bassi nel coro. Alla fine applausi attraversati da sonori dissensi indirizzati a direzione orchestrale, scene e regia.

Apertura del "Tout Rossini en un acte" all'insegna dell'annullamento, causa incidente al tenore, della seconda parte del programma. Abbiamo quindi seguito solo "Il signor Bruschino" in un allestimento modesto in mezzi scenici, ma efficace grazie alla lettura ironica che ha caratterizzato l'esecuzione. Omogeneo e appropriato il cast (senza vette esorbitanti) impegnato, comunque, in movimenti pantomimici sicuramente problematici. Bene la direzione di Desderi alla guida dei Virtuosi Italiani. Tra la musica di Rossini inserti jazz, gospel, e rievocazioni mozartiane e verdiane. Teatro non pienissimo, ma pubblico soddisfatto.

Prima opera in cartellone per il Verdi Festival di Parma, per la regia di Konchalovskj e le scene di Frigerio ha proposto una lettura tutta centrata sul tema del mare e di una caratterizzazione cupa delle scene. La direzione musicale di Gergiev ha guidato la sua Orchestra Kirov in un universo musicale denso e dilatato, ma affascinante. Le voci dei protagonisti non sono state eccelse: poco incisivo il tenore Momirov (Riccardo), bene Oscar (Trifonova), discreti gli altri. Appausi del pubblico, dissensi dal loggione per tenore, britono e regia.

Ad aprire il programma di "Busseto 2001 - Centenario Verdiano" è stata scelta - possiamo dire temerariamente - Aida, l'opera più monumentale concepita da Giuseppe Verdi. Un'opera fortemente voluta da Franco Zeffirelli che, coinvolto in questa occasione dalla Fondazione Toscanini e dal Comune di Busseto, ha scelto la sfida di concentrare il suo lavoro (davvero riuscito) di scene e regia su un palcoscenico di otto metri di boccascena, in un teatrino da 350 posti.

Parma: dal 28 settembre il Festival Verdi, con quattro nuovi allestimenti in tre diversi teatri