Il fascino indecifrabile di Faust

Terza tappa di un percorso faustiano – dopo Gounod e Berlioz – con "Szenen aus Goethes Faust" Hugo De Ana ha così completato la sua personale trilogia tematica, rivestendo con il suo simbolismo tecnologico la musica di Schumann. Renzetti ha guidato un'orchestra che è riuscita a rispettare l'impegnativo affresco schumanniano, nonostante qualche smagliatura. Bene Werba, Pertusi, Rancatore e Surguladze. Calorosi gli applausi del pubblico.

Recensione
classica
Fondazione Teatro Regio di Parma Parma
Robert Schumann
13 Gennaio 2008
Terza tappa di un percorso faustiano – dopo la dimensione lirico-sentimentale di Gounod e quella drammatico-visionaria di Berlioz – il teatro Regio di Parma ha presentato una nuova lettura scenica delle "Szenen aus Goethes Faust" di Schumann in apertura della stagione lirica 2008. Hugo De Ana – regia, scene, costumi e luci – ha così completato la sua personale trilogia tematica, rivestendo con il suo simbolismo tecnologico la musica che Schumann ha immaginato rivolgendosi direttamente al testo di Goethe, pur ricomposto in funzione della sua idea creativa. Arrivando a Schumann, il lavoro di De Ana si è progressivamente allontanato da una dimensione narrativa e teatrale in senso stretto, per affrontare una partitura che – lungi dal voler raccontare alcunché – rievoca un percorso tanto interiore quanto universale, nutrito e sostenuto da una dimensione sinfonica che ne alimenta la natura di simbolica contemplazione. In questo quadro, le suggestive visioni che si sovrappongono e susseguono sul palcoscenico – pianeti, satelliti, simboli arcaici e religiosi – dialogano con i personaggi che abitano la scena, accompagnando il protagonista nei diversi quadri che compongono quest'opera. Alla fine questa sfida – rappresentare il mistero, decifrare l'indecifrabile – è riuscita a consegnare solo un'interpretazione parziale e personale, ma esteticamente curatissima, del lavoro di Schumann, sviluppato dal punto di vista musicale dalla lettura offerta da Renzetti, alle prese con un'orchestra che è riuscita, nel complesso, a rispettare l'impegnativo affresco schumanniano, nonostante qualche smagliatura negli equilibri timbrici e ritmici. Tra le voci sono emerse quelle di Markus Werba, Michele Pertusi, Désirée Rancatore e Nino Surguladze. Calorosi gli applausi finali del pubblico.

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