"Trovatore" visionario a Ravenna, impostato su una drammaturgia astratta e costruita su proiezioni fotografiche di luoghi tra lo storico e l'industriale. Elementi esterni al dramma verdiano erano gli interventi narrativi che illustravano passo passo la vicenda e la spazializzazione del suono. Ben equilibrata la compagnia di canto, misurato il coro e un poco in ombra l'orchestra.

Ultima opera del Festival Verdi 2003, questo "Nabucco" si presenta scenicamente speculare. Inizio e fine nel marmo scuro del tempio ebaico, mentre la parte centrale nel vivace rosso di Babilonia. Equilibrata la regia di Charles Roubaud. Leo Nucci (Nabucco) e Ferruccio Furlanetto (Zaccaria) emergono per classe ed esperienza, Susan Neves (Abigaille) punta all'effetto e Gloria Scalchi tratteggia in maniera adeguata la sua Fenena. Di navigato carattere ed efficacia la direzione di Bartoletti. Protagonista sopra tutti il coro. Succeso di pubblico finale.

Prima opera del Festival verdi 2003, questi "Lombardi" hanno vissuto le proprie vicende all'ombra del Muro del Pianto, ribadendo a più riprese – grazie alla peraltro efficace lettura del regista Lamberto Puggelli – che la guerra è una brutta cosa. Tra le proiezioni scenografiche realizzate su di un palcoscenico libero da inutili orpelli, hanno raccolto gli applausi, tra gli altri, Michele Pertusi, Alessandra Rezza e Vincenzo La Scola. Vigorosa la direzione di Renato Palumbo. Rinato entusiasmo del Teatro Regio di Parma

De Tomasi, sul piccolo palcoscenico di Busseto, ha concentrato un Don Giovanni vagamente anni '50, incorniciato sulla scena dal marmo della tomba del Commendatore – e, alla fine, del protagonista – tratteggiando nel complesso i personaggi in modo deciso, senza sfumature. Grande impegno per gli allievi del "Progetto Giovani". Funzionale la direzione di Xian Zhang. "Tutto esaurito" e tanti applausi per tutti.

Interessante lettura "femminista" della Mirandolina di Martinu, tratta dalla Locandiera di Goldoni. La regia di Paul Curran funziona, e riesce a calare la vicenda negli anni Trenta divertendo. Roberto Polastri guida l'Orchestra del Comnale di Bologna attraverso una impegnativa partitura ricca di poliritmie e giochi timbrici. Bravi i cantanti, anche ottimi attori, con in testa la protagonista Daniela Bruera. Pubblico soddisfatto.

Discreta nuova produzione dell'Elisir al Regio di Parma, ripresa da una edizione del 1988. Anche se le indisposizioni hanno fatto sostituire Machado con Botta e Trimarchi con Antoniozzi, l’insieme ha retto abbastanza bene. Scene piacevoli, regia un poco grossolana e direzione – di Guingal – scivolata via su tempi adeguati, a parte qualche momento troppo riflessivo. Botta ha una voce ben controllata ma poco potente, la Mula non ha giocato certo di fino, mentre Antoniozzi ha reso bene Dulcamara. Adeguato il Belcore di De Simone. Successo di stima dal pubblico.

Interessante allestimento modenese di Turandot. Il regista Frigeni si è basato su un impianto scenico che ricordava certi pannelli visivi fatti di luce e lenti spostamenti di Bob Wilson. La direzione di Karytinos ha oscillato tra l'effettismo e certe "rare"; finezze alla guida di una "Toscanini" insolitamente adeguata (probabilmente hanno rinnovato gli ottoni). Per le voci, efficace la Patanè col suo timbro personale, funzionali o mediocri (chi più, chi meno) gli altri. Pubblico non troppo caloroso, soprattutto con la regia (del tipo: "mah!...queste cose moderne").

Una Carmen superficiale quella di Parma, con tanti colori ma nessuna passione. Fredda, distaccata fin dalle prime note. Reynolds ha diretto a compartimenti stagni, con poco spreco di inventiva. Le voci parevano quasi tutte estreanee ai personaggi, tranne forse Pertusi, bravo attore ma "fuori repertorio" con Carmen. Il pubblico ha applaudito, anche se ho visto piccoli gruppetti di loggionisti tagliare la corda durante il secondo intervallo.

Vespri cupi e interrotti a Busseto. Pizzi ha investito il teatrino della cittadina con un velo nero, nel quale ha avvolto tutto, e con una atmosfera cupa e triste (non che la vicenda rappresentata sia allegra...). Papi, un Procida in serie difficoltà, ha pensato bene di scusarsi e rinunciare, lasciando la palla al giovane Anastassov, che ci ha messo buon impegno, come del resto la Nizza e Zuliani, entrambi però molto poco sicuri nei ruoli di Elena e Arrigo. Apprezzabile il Monforte di Stoyanov. Ranzani a diretto senza brillanti spunti, al solito a tinte forti. Il solito successo di pubblico e "gente conosciuta".

Una Sonnambula, quella di Parma, con una regia, scene e costumi da cartolina, con tutto quello che ci può essere di scontato e bozzettistico in questa definizione. Korsten dirige l'orchestra e il coro del regio in maniera molle e poco accattivante, mentre la compagnia di canto si assesta su una resa media che ne assicura l'omogeneità. Eva Mei ha ben interpretato Amina, non andando a cercare l'interpretazione memorabile. Nella norma gli altri. Applausi dal pubblico.

Allestimento che segna un rilancio per il Municipale di Piacenza. Lo spettacolo pare, nel complesso irrisolto, con idee interessanti ma anche rimandi pesanti e inutili. Funzionale, comunque, nei confronti di una lettura musicale senza chiaroscuri, ma indirizzata sulla resa emotiva diretta. Molto natalizia l'idea di diffondere profumo d'arance in sala. Pubblico folto e plaudente.

Betta-Mortelliti hanno realizzato un'operina, a tratti noiosa, semplice semplice. Gli interpreti non hanno molto da fare, e quindi si divertono e basta. La musica è tra le melodie di "Titanic" e Nyman (per le cose più riuscite). Stucchevole il libretto con le sue rime facili. Il pubblico ha applaudito qualcosa non era un'opera, ma era comunque 'piacevole'.