Un Fidelio denso e sublimato

Claudio Abbado, per questo suo "primo" Fidelio, ha voluto accanto Chris Kraus, un regista esponente del "giovane cinema tedesco" e digiuno di teatro musicale. Una scelta che ha sorpreso lo stesso Kraus, ma che alla prova dei fatti si è rivelata frutto di una felice intuizione. Magistrale la lettura musicale. Trionfo per tutti gli artisti impegnati.

Recensione
classica
Teatro Municipale Valli Reggio Emilia
Ludwig van Beethoven
06 Aprile 2008
Claudio Abbado, per questo suo "primo" Fidelio, ha voluto accanto Chris Kraus, un regista esponente del "giovane cinema tedesco" e digiuno di teatro musicale. Una scelta che ha sorpreso lo stesso Kraus, ma che alla prova dei fatti si è rivelata frutto di una felice intuizione. Per raggiungere l'intimo rapporto tra la partitura e la scena, tra i ritmi drammaturgici che compenetrano e scandiscono lo scorrere di questa lettura, ci sembra che lo stesso Abbado abbia preso per mano il regista e sia riuscito a trasferirgli la propria idea interpretativa. Il merito di Kraus è stato quello di assimilare questa idea e concretizzarla in una messa in scena personale e molto equilibrata, a partire dall'impianto scenico realizzato con Maurizio Balò. Il contrasto iniziale tra la leggerezza degli screzi amorosi tra Marzelline e Jaquino, sullo sfondo di una prigione incombente ed evidenziato dai sinistri preparativi di una esecuzione, viene richiamato nel finale dell'opera quando, nella celebrazione collettiva della virtù di Leonora, sullo sfondo si moltiplicano le ghigliottine, simbolo di un potere comunque violento. Al centro della vicenda le atmosfere oppressive sono arricchite da soluzioni efficaci, come l'uscita dei prigionieri senza volto che strisciano fuori dal carcere per sentire per pochi attimi la primavera, o ancora l'arrivo di Don Fernando, che ha tolto dal buio delle prigioni gli stessi spettatori, abbagliati dalla luce del giorno. L'interpretazione di Abbado ha percorso l'opera attraverso una lettura profonda, capace di distillare i tratti più tradizionalmente "eroici" in una ricerca personale che ha sublimato i densi intrecci strumentali attraverso un cristallino equilibrio musicale, in piena sintonia con orchestra, coro e cantanti. Alla fine trionfo per tutti.

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