Violetta tra festini e poesia
Una "Traviata" che – più che riproporre un'immagine astratta di melodramma – ha presentato sul palcoscenico del Regio di Parma un'idea di "teatro" vero e proprio, seppur naturalmente "musicale".
La regia di Ernst e Herrmann ha segnato questa messa in scena attraverso un uso marcato della recitazione, dato che se ha influito un poco sulla resa del canto, non ha comunque impedito a Temirkanov di ritagliare oasi di grande e poetica ispirazione.
Recensione
classica
Dopo "Luisa Miller" e "Oberto", il novello Festival Verdi di Parma ha offerto il terzo titolo verdiano in programma: una "Traviata" che – più che riproporre un'immagine astratta di melodramma – ha presentato sul palcoscenico del Regio un'idea di "teatro" vero e proprio, seppur naturalmente "musicale".
La regia di Karl Ernst e Ursel Herrmann ha segnato questa messa in scena attraverso un uso marcato della recitazione, chiamando gli interpreti a muoversi continuamente in uno spazio scenico che ricreava minuziosamente la Parigi borghese e godereccia della metà dell'Ottocento. Un dinamismo che ci ha restituito le feste del primo e del secondo atto come veri e propri festini erotico-goliardici.
Tutto questo, se in certi tratti ha influito un poco sulla resa del canto, non ha comunque impedito di ritagliare oasi di grande e poetica ispirazione: tra questi, nel secondo atto, il dialogo tra Giorgio Germont e Violetta, culminato in un "Dite alla giovine..." cesellato anche grazie al gusto musicale di Temirkanov.
Il direttore, alla guida dell'orchestra del Teatro Regio, ha saputo infatti offrire una lettura personale e affascinante di questa partitura – scelta di tempi originale, tratteggio degli impasti timbrici seducente – misurandosi con una compagine strumentale a volte non pienamente pronta a seguirlo, specie nel primo atto.
Tra gli interpreti, Svetla Vassileva ha privilegiato una Violetta vocalmente più drammatica e densa che agile e leggera, riuscendo a restituire una visione nel complesso coerente del personaggio. L'Alfredo di Massimo Giordano è parso sostanzialmente corretto e nutrito da un indubbio impegno, mentre il Germont padre di Vladimir Stoyanov è emerso per rara intensità vocale.
Alla fine qualche dissenso per la regia e molti applausi per tutti gli artisti.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
classica
Bologna: il nuovo allestimento operistico dell’Orchestra Senzaspine ha debuttato al Teatro Duse
classica
Successo per Beethoven trascritto da Liszt al Lucca Classica Music Festival
classica
Non una sorta di bambino prodigio ma un direttore d’orchestra già maturo, che sa quello che vuole e come ottenerlo