L’estremo tributo del Palazzetto Bru-Zane a Gounod

Le tribut de Zamora, l’ultima opera di Gounod, aggiunge un titolo raro alla raccolta "Opera francese” della collana di libri-dischi del Palazzetto Bru-Zane 

Charles Gounod, Le Tribut de Zamora
Bnf.gallica.fr / Bibliothèque Nationale de France
Articolo
classica

Prossimo ormai alla conclusione, l’anno del bicentenario della nascita di Charles Gounod è stato l’occasione per un vasto recupero della sua produzione operistica e non solo. In prima fila ovviamente il Palazzetto Bru-Zane, che ha promosso alcune fra le più stimolanti occasioni con la vasta ricognizione della produzione cameristica nel suo festival veneziano della scorsa primavera e con il recupero di due lavori per il teatro come la prima versione del celebre Faust e La nonne sanglante riproposti nel festival parigino di giugno, per non citare il ripescaggio Cinq Mars a Lipsia e prontamente inserito nella collana di libri-dischi del Palazzetto Bru-Zane dedicati all’opera francese.

Nella stessa collana esce ora il numero 18 consacrato a Le tribut de Zamora, ultimo lavoro per il teatro di Gounod, recupero di un progetto inizialmente pensato per Giuseppe Verdi ma non andato a buon fine. Il debutto di questo grand opéra in quattro atti su libretto (molto criticato) di Adolphe d’Ennery ebbe luogo il 1 aprile 1881 nel parigino Palais Garnier con un certo successo di pubblico. La sua vita sulla scena parigina tuttavia non superò le 47 recite in due stagioni ma fu seguita da numerose riprese, la prima delle quali nel 1882 a Torino e fra il 1883 e il 1891 a Vienna per 23 recite, fino ai primi anni del Novecento. E poi più niente, complice l’affievolirsi dell’interesse per il genere del grand-opéra più che per il giudizio di una critica piuttosto divisa fra accesi detrattori come il musicologo Félix-Jacques-Alfred Clément, che qualificò quest’opera come “mediocre e banale, priva di interesse, priva di novità, senza passione, senza poesia”, e sostenitori come il compositore Camille Saint-Saëns, che ne elogiò la musica “scritta sempre con questa penna elegante e impeccabile alla quale M. Gounod ci ha abituati da lungo tempo”. 

Questa prima registrazione integrale dell’opera di Gounod è stata realizzata dal vivo al Prinzregententheater a Monaco di Baviera nello scorso gennaio con la direzione Hervé Niquet, in prima fila nel recupero bruzaniano del Gounod meno frequentato, che firma qui un’esecuzione di grande spessore teatrale e molto efficace nel dare rilievo alla nota e apprezzata vena melodica del compositore (spesso contrapposta al wagnerismo della tradizione tedesca) che risente degli esotismi di fine secolo ispirati dall’ambientazione iberica. Non siamo nella Siviglia del 1820 della Carmen, ma nella Spagna del X secolo. Il colore spagnolesco e gitano è però lo stesso, soprattutto nella Cordova dominata dagli Arabi vittoriosi sugli spagnoli cristiani, che a Oviedo ancora si leccano le ferite dopo la disfatta di Zamora, che costa loro l’umiliante tributo annuale di cento vergini al califfo Abderrahhman.

Il clima si riscalda rapidamente quando il califfo esige l’acconto dovuto e nel contingente finisce anche Xaïma, che deve così mandare a monte le nozze imminenti col focoso Manoël, provocando un moto di rivalsa fra gli spagnoli, che con “Debout! enfants de l'Ibérie!” intonano un inno di afflato quasi verdiano. Nel campo opposto, gli arabi Ben-Saïd, l’ambasciatore del califfo, e il fratello Hadjar, poeta guerriero, hanno tratti di umanità insoliti nel melodramma di tardo Ottocento, lontanissimi da quei musulmani “forti, crudeli, esultano di stupri e di rapine” dei Lombardi verdiani. La fierezza di Xaïma infiamma Ben-Saïd che diventa rivale di Manoël e ha gioco facile a comprarsi la donna all’asta degli schiavi spendendo una cifra enorme. Una mano inattesa viene dalla folle Hermosa, personaggio che ha più di un tratto comune con la Fidès del Profeta di Meyerbeer, che con la ritrovata figlia Xaïma è protagonista di una delle pagine più ispirate dell’opera, cioè il duetto “De sa mort qui donc parle ici?”.

Quando già il destino di Xaïma e Manoël sembra segnato, Hermosa uccide Ben-Saïd ma viene risparmiata a sorpresa dalla clemenza di Hadjar, che ricorda a tutti gli arabi il verso del Corano: “Prendi per santi i folli o sarai maledetto”. Ottimi tutti gli interpreti di questa registrazione, da Judith van Wanroij e Edgaras Montvidas, la coppia protagonista fremente di passione, Jennifer Holloway, una Hermosa scossa da un’esaltazione visionaria, a Tassis Christoyannis e Boris Pinkhasovich, i due fratelli Ben-Saïd e Hadjar ai quali lo slancio lirico e i colori bruniti del timbro vocale contribuiscono a infondere una dimensione umana al terribile nemico. Completano degnamente il cast Juliette Mars, Iglésia e una schiava, il giovane brillante tenore Artavazd Sargsyan, che è l’Alcade e il Cadi, e Jerôme Boutillier, l’autorevole re degli asturiani vinti e soldato arabo. Aggiungono valore alla registrazione il duttile e possente coro e l’orchestra dai mille colori della Radiotelevisione Bavarese

L’elevata qualità della registrazione oltre alla consueta cura nella confezione e ricchezza di materiali documentali rendono questo nuovo libro-disco del Palazzetto Bru-Zane un contributo significativo alla conoscenza della produzione operistica di Charles Gounod oltre a colmare un vuoto assoluto nella sua discografia. 

Le Tribut de Zamora, Charles Gounod

Charles Gounod, Le Tribut de Zamora
Opéra français - Palazzetto Bru Zane series (Bru Zane) | 2 CDs | 2018 | Volume 18

Chor des Bayerischen Rundfunks
Münchner Rundfunkorchester

Hervé Niquet, direttore
Stellario Fagone, maestro del coro 

Interpreti: Jennifer Holloway, Judith van Wanroij, Edgaras Montvidas, Tassis Christoyannis, Boris Pinkhasovich, Juliette Mars, Artavazd Sargsyan, Jérôme Boutillier.

Se hai letto questo articolo, ti potrebbero interessare anche

classica

Dal 10 aprile torna a Parma Traiettorie, la rassegna di musica moderna e contemporanea giunta alla sua 34a edizione

In collaborazione con Fondazione Prometeo
classica

Sua maestà l’organo della Chapelle Royale di Versailles

classica

Formazione da cineasta, lunga esperienza nella prosa, Jacopo Gassman ci parla del suo debutto bolognese alla regia del Macbeth di Verdi