I 10 migliori album del 2025 di Ennio Bruno

Elettronica e canzone dalle periferie del mondo, da Rosalía a Los Thuthanaka

EB

20 dicembre 2025 • 3 minuti di lettura

Los Thuthanaka
Los Thuthanaka

Molti ascolti ma poche recensioni di novità discografiche – addirittura una sola nei primi tre mesi dell’anno e sei nei restanti nove, a fronte di quattro dedicate a ristampe e raccolte...

In compenso svariati articoli su libri, film e concerti, e quattro interviste. Dopo questo riassunto, ecco i dieci titoli che per i motivi più svariati hanno segnato il mio 2025.

1. Rosalía, Lux (Columbia)

Nel 2022 Motomami finì al 15° posto nella nostra Top 20: toccò a me scrivere le righe di accompagnamento e allora riprendo più o meno lo stesso stile di allora per queste nuove, dedicate a Lux.

Audaz, valiente, exagerada, desconcertante, sincera, orquestal, temeraria, encabronada, rebelde, religiosa, irónica, fascinante. Insomma, La Rosalía.

2. Los Thuthanaka, Los Thuthanaka (autoproduzione)

I fratelli Crampton (Chuquimamani-Condori e Joshua Chuquimia) hanno realizzato uno degli album più sorprendenti dell’anno, ricco di stratificazioni di suono, in cui i generi tradizionali andini coesistono col noise digitale.

Cowboy boliviani senza pietà. 

3. Bad Bunny, Debí tirar más fotos (Rimas)

Una riflessione sui danni del colonialismo tra musica portoricana di ieri e di oggi, uno dei vertici della música urbana che è valso a Benito Antonio Benitez Ocasio, alias Bad Bunny, l’invito a esibirsi nell’halftime show del Super Bowl 2026 che si terrà il prossimo 8 febbraio a Santa Clara. California knows how to party!

4. Haykal, Julmud, Acamol, Kam Min Janneh (Bilna’es)

Kam Min Janneh (che possiamo tradurre con Quanti Paradisi?) è un album con 16 canzoni prodotte da Acamol e Julmud con testi scritti e declamati da Haykal e Julmud.

Interpretazioni contemporanee di svariate tradizioni musicali del mondo arabo prodotte e immaginate come se fossero all’interno dei paesaggi sonori palestinesi. Ritmi spezzati, linee di basso ripetitive e le rime severe di Haykal: un pugno nello stomaco.

5. Nazar, Demilitarize (Hyperdub)

Cinque anni dopo il primo disco uscito durante il lockdown e dopo aver rischiato la vita a causa della tubercolosi scatenata dal Covid Nazar depone le armi e descrive il viaggio di una persona che si rende libera grazie alla resa.

Demilitarize conferma che la diaspora angolana ha prodotto un altro peso massimo.

6. Oklou, Choke Enough (True Panther Sounds)

L’album d’esordio della francese Marylou Mayniel, uscito all’inizio di febbraio, è arrivato brillantemente alla fine dell’anno mantenendo intatto il fascino generato dai sui componenti: elettronica di inizio millennio, polifonie barocche derivanti dai suoi studi classici e un’atmosfera brumosa e di grande eleganza.

Art pop by design.

7. Oren Ambarchi, Johan Berthling, Andreas Werliin, Ghosted III (Drag City)

Terzo capitolo dei lavori in trio di Ambarchi conosciuti come Ghosted, in compagnia della sezione ritmica dei Fire!. Sei composizioni dal minimalismo narcotizzante, dense nella loro essenzialità, perfette per un viaggio notturno in auto.

A ogni ascolto si scopre qualcosa di nuovo: magico.

8. Yasmine Hamdan, I Remember I Forget (Crammed Records)

Una delle voci più famose della diaspora libanese fa il suo ritorno a 8 anni di distanza dal suo album precedente: il dramma del suo Paese e della Palestina in 10 canzoni arcaiche e contemporanee, tra tradizione ed elettronica, tra politica e vita privata.

9. Amaarae, Black Star (Interscope)

Nel 2023 il suo precedente Fountain Baby finì al sesto posto nella mia classifica e ora si riconferma tra i primi 10: niente male per la trentunenne Ama Serwah Genfi, cantante che si divide tra Atlanta e Accra, questa volta alle prese con una raccolta di black dance music che è espressione della diaspora africana.

Dichiaratamente bisex, diretta ed esplicita nei testi e nei video che accompagnano le sue canzoni, contesa dagli stilisti: se non si fosse ancora capito, ormai Amaarae è una superstar globale.

10. Greentea Peng, Tell Dem It’s Sunny (AWAL)

La tatuatissima Aria Wells ha pubblicato a marzo il disco che ha caratterizzato la mia primavera: neo-soul psichedelico con ricorrenti influenze giamaicane e memorie trip hop.

Tell Dem It's Sunny è un album che parla di rinascita e che ci ricorda che, qualunque cosa accada, comunque c’è il sole.