Giallo come il “Turco”
Al Teatro Filarmonico di Verona arriva Il turco in Italia di Gioachino Rossini nell’allestimento di Roberto Catalano con un cast vocale molto solido
18 novembre 2025 • 3 minuti di lettura
Teatro Filarmonico, Verona
Il turco in Italia
16/11/2025 - 23/11/2025Penultimo titolo di stagione, in un Teatro Filarmonico particolarmente nutrito di pubblico va in scena Il turco in Italia, ennesima conferma della vitalità del titolo rossiniano mai abbastanza presente sulle nostre scene liriche.
L’impianto registico di Roberto Catalano, già apprezzato a Rovigo nella scorsa stagione, appare qui più maturo, più sciolto e perfettamente calibrato sulle dimensioni del palcoscenico veronese: uno spazio più ampio che permette ai movimenti scenici, alle relazioni fra i personaggi e alla drammaturgia metateatrale di respirare con naturalezza. L’articolato dramma buffo di Rossini e Romani diventa così un gioco degli specchi che mette a nudo desideri, maschere e disarmonie dell’oggi. La lettura di Catalano immerge i personaggi, e soprattutto la protagonista Fiorilla, in una società dominata dalle apparenze e dal consumo dei sentimenti. Una scelta efficace, che aggiorna il sottotesto dell’opera senza tradirne la leggerezza. La scena di Guido Buganza e i costumi di Ilaria Ariemme costruiscono un linguaggio visivo immediato attraverso un uso ricorrente del colore: gli “italiani” sono avvolti da dominanti gialle, presenti in abiti, arredi e perfino negli oggetti di desiderio consumistico della protagonista (caffettiere, tostapane, profumi, abiti e corredo di quattro ballerine da varietà con paillettes e pennacchi di struzzo), quasi un segnale di vitalità e al tempo stesso di un’esuberanza caotica e domestica. Questa vivacità cromatica trova un contrappunto nella cornice azzurra che richiama il mare del “luogo solitario fuori di Napoli” evocato nel libretto di Romani: un orizzonte più vasto, spazio dell’altrove e dell’avventura. Il contrasto fra il giallo saturo e l’azzurro limpido crea una tavolozza coerente e di impatto, contribuendo a un’identità visiva riconoscibile e per niente oleografica o demodé.
Sul piano musicale, la direzione di Lü Jia è complessivamente brillante e vivace, attenta a mantenere un flusso teatrale scorrevole e un tessuto sonoro chiaro. Il direttore privilegia tempi agili, strette vertiginose e una lettura d’insieme molto luminosa, tutte qualità che rendono giustizia allo spirito rossiniano. Tuttavia, nel dialogo con i cantanti affiora qualche lieve imprecisione: in alcuni passaggi gli interpreti non sembrano completamente allineati al gesto direttoriale, come se restasse da affinare un ultimo livello di coesione, forse sintomo di un percorso di prove non lunghissimo. L’Orchestra della Fondazione Arena mostra un buon rendimento generale, con sezioni solide e un suono omogeneo, nonostante l’inciampo del corno nel lungo assolo della Sinfonia. Episodio isolato, più sfortunato che indicativo, che non compromette la qualità complessiva della prestazione orchestrale. Il Coro maschile della Fondazione Arena offre un apporto musicale corretto, anche se non sempre impeccabile nella precisione e nella compattezza ritmica. Niente di grave, ma abbastanza per essere notato in un’opera che impone un passo leggero e una ritmica di precisione chirurgica.
Il cast vocale, interamente rinnovato rispetto a Rovigo, è invece uno dei punti di forza della produzione. Sara Blanch è una Fiorilla da manuale: vocalità adamantina, fiati generosi, agilità controllatissime e una presenza scenica magnetica. Da vera primadonna rossiniana – a lei vanno gli applausi più calorosi e convinti dopo la sua grande scena nel sottofinale – è capace di rendere il personaggio capriccioso e irresistibile senza scivolare nella caricatura. Accanto a lei, è Dave Monaco a offrire la prova più convincente: il suo Narciso è in stato di grazia grazie a un timbro luminoso, acuti pieni, fraseggio elegante e uno stile perfettamente idiomatico, per tacere di una grande verve scenica. È un autentico tenore di grazia che riesce a unire morbidezza e brillantezza, dominando la scrittura rossiniana con naturalezza e intelligenza musicale. Solidi anche gli altri interpreti: Carlo Lepore dà al suo Selim un’autorevolezza vocale che però risulta non troppo bonaria e fin troppo controllata, Fabio Previati è un Geronio misurato tanto nel patetico quanto nel comico, mentre Marianna Mappa (Zaida) e Matteo Macchioni (Albazar) completano con efficacia una compagnia di canto davvero ben assortita.
Molti applausi al termine, con entusiasmo convinto per gli interpreti e solo qualche sporadico cenno di disapprovazione per la squadra registica.