Quando Puccini danzava con le Villi

Un successo per la prima opera del compositore presentata al Teatro Filarmonico nella ripresa autunnale della stagione lirica della Fondazione Arena di Verona

SN

27 ottobre 2025 • 3 minuti di lettura

Le Villi (EnneviFoto)
Le Villi (EnneviFoto)

Teatro Filarmonico, Verona

Le Villi

26/10/2025 - 02/11/2025

Dopo l’abbondanza di titoli pucciniani che ha marcato la stagione 2024, anno del centenario della morte del compositore lucchese, il Teatro Filarmonico di Verona prosegue il suo omaggio a Giacomo Puccini riportando in scena Le Villi. Un titolo che, nonostante l’occasione commemorativa, è stato spesso trascurato rispetto ai capolavori più noti, ma che merita invece una rinnovata attenzione: non solo perché si tratta del primo lavoro teatrale del giovane Puccini ma anche perché, pur nella sua struttura ancora acerba e in un soggetto con non poche fragilità drammaturgiche, lascia intravedere con sorprendente chiarezza i segni della futura grandezza del compositore. In questo lavoro del 1884 si percepiscono già la tensione emotiva e la sensibilità orchestrale che caratterizzeranno le opere della piena maturità. Nell’opera, Anna e Roberto si amano, ma lui parte per Magonza e, sedotto da un’altra donna, la abbandona. Anna muore di dolore e il suo spirito, insieme alle altre villi — fanciulle tradite divenute vendicatrici danzanti — trascina il fedifrago alla rovina. Trama esile, quasi un pretesto, che il giovane Puccini anima con una vigorosa energia musicale: un’orchestrazione già matura, ricca di slanci sinfonici e di danze travolgenti che, nell’ora abbondante dei due atti, trasformano questo fragile racconto in un impeto sonoro di grande vitalità.

L’allestimento proposto al Filarmonico è quello, di impianto tradizionale, firmato da Pier Francesco Maestrini per il Teatro Regio di Torino un paio di stagioni fa. Un’operazione di recupero intelligente, perché riporta in scena una produzione dal taglio narrativo chiaro, fedele allo spirito romantico-gotico della vicenda rievocato da un gusto figurativo piuttosto esuberante ma efficace. Maestrini evita ogni forzatura concettuale o modernizzazione gratuita, affidandosi a una regia pulita e coerente, con solo un eccesso “gore” nel finale, nella quale l’azione scorre con naturalezza. Colpisce la generosità dei mezzi impiegati per un’opera di dimensioni ridotte come Le Villi: una cura scenica e una ricchezza visiva che solitamente si riservano a lavori di maggiori ambizioni. Lo scenografo Jean Guillermo Nova, dopo l’opulenza floreale del primo atto e l’orgiastica débauche piuttosto manierata dell’intermezzo, disegna per il terzo un ambiente boschivo e alpestre non privo di poesia. Soprattutto l’uso sapiente delle proiezioni conferisce allo spettacolo un fascino visivo notevole, esaltando gli aspetti magici e spettrali legati al mito delle “villi”, spiriti danzanti delle fanciulle tradite. L’atmosfera rarefatta e misteriosa viene ulteriormente valorizzata dal sapiente disegno luci di Bruno Ciulli, che plasma gli spazi con sfumature cangianti e dona profondità drammatica ai momenti più intensi. 

Sul piano musicale, Alessandro Cadario ha diretto con slancio febbrile e attenzione al dettaglio, offrendo una lettura insieme appassionata e lucida. La sua concertazione ha dato il giusto rilievo alle pagine sinfoniche con brillantezza e respiro teatrale, facendo emergere la stoffa del giovane Puccini già grande orchestratore e mantenendo un apprezzabile equilibrio con le voci. L’Orchestra della Fondazione Arena di Verona ha risposto con compattezza e qualità timbrica, rivelando una tavolozza sonora ricca e omogenea: archi morbidi, ottoni “wagneriani” scultorei, e un senso di pulsazione drammatica sempre viva. Sul versante vocale, il trio protagonista ha offerto una prova nel complesso più che convincente. Galeano Salas, nei panni di Roberto, è stato il vero mattatore della serata: voce luminosa, fraseggio appassionato, presenza scenica carismatica. La sua romanza “Torna ai felici dì” – affrontata con controllo, slancio e intensità – ha suscitato l’applauso a scena aperta più caloroso e immediato. Sara Cortolezzis, come Anna, ha mostrato una linea di canto solida e un fraseggio sensibile, trovando la sua espressione migliore più che nel patetismo del primo atto nella versione erinni della scena finale con un curioso mix di disperazione e crudeltà. Gëzim Myshketa, nel ruolo di Guglielmo Wulff, ha portato in scena eleganza e misura, unendo sicurezza tecnica e attenzione alla parola cantata. Di ottimo livello anche la prova del Coro della Fondazione Arena, preparato da Roberto Gabbiani, che, fuori scena, ha dato spessore all’atmosfera sospesa e fantastica della seconda parte. 

Il pubblico veronese ha risposto con entusiasmo: molte presenze alla prima e applausi convinti a tutti gli interpreti.