Einstürzende Neubauten, ieri e oggi

Non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume, e non si ascolta mai due volte lo stesso concerto degli Einstürzende Neubauten

Einstürzende Neubauten
Recensione
pop
Torino, Teatro Colosseo
Einstürzende Neubauten
25 Maggio 2022

Il concerto sta finendo, Blixa Bargeld annuncia l’ultimo pezzo. Incluso nel 2007 in Alles Wieder Offen, “Susej” – spiega – era nato da alcune parti di chitarra registrate nei lontani anni Ottanta, in uno studio ad Amburgo, sdraiato in una sala con un soffitto bassissimo, una specie di tunnel…

Il testo mette in scena un dialogo tra il vecchio Blixa e il giovane Blixa, spiega l’interessato. «Ciò che resta di me ha a che fare solo con te», dice il primo al secondo, «è ancora inciso sotto strati di anelli annuali. Andiamo a casa, da me e da te». Questo strano rapporto padre-figlio è ulteriormente complicato dal titolo (“Susej” è “Jesus” al contrario) e dalla coda, che intona la preghiera dislessica “Ajulellah”).

Ed è umano, allora, che anche chi ascolta misuri il tempo – e la qualità dei propri ascolti – nel dialogo con gli ascolti del passato, con il sé del passato.

La mia prima volta con gli Einstürzende Neubauten dal vivo era stata nel 2011, in questo stesso teatro, seduto più o meno nello stesso posto. Allora i nostalgici del suono industrial, delle performance a base di martelli pneumatici e pavimenti perforati ancora rimpiangevano quel pezzo eroico della storia della band, di fronte a un gruppo ormai devoto alla forma-canzone (per quanto una forma-canzone decisamente eccentrica). Eppure, come ha ricordato lo stesso Blixa in alcune interviste, la formazione di oggi è ormai in attività dal 1997, ed è un gruppo ben più longevo di quello precedente: «Non è la stessa band» – anche se, ancora, «Ciò che resta di me ha a che fare solo con te…».

– Leggi anche: I migliori colpi degli Einstürzende Neubauten

Il mood nostalgico sembra, in ogni caso, previsto dalla scaletta. Non perché proponga pezzi vecchi – tutt’altro – ma perché è incentrata soprattutto su pezzi nuovi, e in particolare sull’ultimo album Alles in Allem, uscito nel 2020 (per ovvie ragioni, allora non si era tenuto il tour per presentarlo).

Alles in Allem è una raccolta di “cartoline da Berlino”, una topografia della città che è anche ricognizione nella memoria di Bargeld: “Wedding”, che apre la serata con il suo groove di basso dispari; “Grazer Damm”; “Tempelhof”… Il mood prevalente è intimo, distaccato, quasi contegnoso: non a caso uno dei non molti pezzi ripescati dal passato è l’altrettanto intima “Sabrina”, da Silence Is Sexy, mentre vengono ridotte le cavalcate rumoristiche.

Ma è la musica a essere cambiata o siamo noi che ascoltiamo? Forse entrambe le cose: non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume e non si ascolta mai due volte lo stesso concerto, grazie a dio.

Ma è la musica a essere cambiata o siamo noi che ascoltiamo? Forse entrambe le cose: non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume e non si ascolta mai due volte lo stesso concerto, grazie a dio.

 

Nello scarto con il passato – con il me che ascoltava gli Einstürzende Neubauten – emergono allora nuove strategie di ascolto. Ora si ha l’impressione di un Blixa quasi cantautore, per come si mette al centro di ciò che narra; ora di un gruppo che vira verso un prog matematico, come in “Die Befindlichkeit des Landes”, ancora da Silence Is Sexy, che sembra diventato un pezzo dei King Crimson.

Ora, ovviamente, di aver di fronte i soliti, vecchi, confortevoli Einstürzende Neubauten con i loro strumenti strani (torna anche per la prima volta dal 1987 – annuncia Blixa – un carrello della spesa sul palco), la loro austera serietà tedesca e il loro sorrisetto a mezza bocca, come di chi in fondo non si vuole far prendere troppo serio.

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