Erykah Badu, un’aliena a Milano
Erykah Badu a Milano per i 25 anni di Mama’s Gun
10 novembre 2025 • 3 minuti di lettura
Alcatraz, Milano
Erykah Badu
07/11/2025 - 07/11/2025Mama’s Gun, il secondo album di Erykah Badu, è stato pubblicato nel 2000, tre anni dopo il suo fulminante esordio con Baduizm, il disco che definì il neo-soul e annunciò al mondo il talento dell’allora ventiseienne Erica Abi Wright, originaria di Dallas.
Se per i puristi dell’hip-hop quest’ultimo è il suo migliore, 14 anni fa la giornalista Kieran Yates ebbe a dire su The Guardian che per lei ci sarebbe stato sempre e solo un album di Erykah che conta, perché in Mama's Gun Badu rappresentò la donna che lei avrebbe voluto essere, una donna con qualcosa da dire, che potesse essere allo stesso tempo bizzarra e divertente e intelligente e sexy.
E direi che non è l’unica a pensarla così, vista l’alta percentuale femminile presente tra il pubblico dell’Alcatraz per la seconda data milanese (biglietti esauriti per entrambe le date) del tour del venticinquennale del disco: donne e ragazze scatenate, desiderose di ballare e cantare le parole delle canzoni imparate a memoria nel corso di anni di ascolti. Un album millenial, capace di estrarre suoni dal passato e guardare verso il futuro.
Si spengono le luci, sullo schermo dietro il palco compare la scritta WORLD in rosso, ci siamo e… ecco, lo temevo, si alzano centinaia di telefoni a impedire la visuale e quindi, pur essendo alto, sono costretto a guardare per lunghi minuti il concerto sullo schermo dei telefoni di sconosciuti.
Volete fare qualche foto? Fatele (le faccio anch’io, ogni tanto) ma poi basta, mettete via i cellulari; e invece no, ci sono quelli che, anziché guardare il concerto per cui hanno pure pagato un biglietto, fanno il video dell’intera serata. Perché poi? Mistero. In ogni caso, per coerenza, non userò nessun video della serata, ovviamente già rintracciabile su YouTube e sui social dopo pochi minuti.
Dopo questa lamentatio memore di Statler e Waldorf nel Muppet Show, torniamo al concerto che si apre con “Penitentiary Philosophy”, la prima traccia del disco: Badu – lo capiremo nel corso del concerto – è vestita “a cipolla” e il primo strato che vediamo è un ampio cappotto e un alto cappello, una specie di tuba in pelle. Più che una presenza la sua è un’apparizione aliena.
Inquadrata da due fasci triangolari di luce che creano una specie di porta spazio-temporale, Erykah ci dà la sua versione di afrofuturismo – del resto Baduizm fa rima con afrofuturism -, è un essere alieno dai tratti egizi sceso sulla Terra per regalarci la chiave della conoscenza, è una versione femminile di George Clinton aka Star Child che scende la scaletta della Mothership per portarci il P-funk.
Per 45 minuti tutto funziona a meraviglia, i classici del disco si susseguono, “Didn’t Cha Know”, “… & On”, “Cleva”, ”Kiss Me on my Neck” fanno ondeggiare il pubblico, il cappotto e il cappello di Erykah spariscono, it’s time to sweat.
Ho una piccola pentola nella mia pancia / attualmente non sono proprio quel che si dice un figurino / il mio abito non costa più di 7 dollari / ma l’ho reso ugualmente fico / Ti dico come ho fatto? / Perché sono intelligenteCleva
Dopodiché l’esibizione si sfilaccia, anche a causa di una scaletta a mio avviso organizzata male: tre pezzi lenti consecutivi, per quanto belli, di cui uno con lei da sola sul palco, spezzano in maniera brusca e irreparabile il ritmo del concerto.
C’è ancora tempo per “Bag Lady”, la divertente “Annie Don’t Wear no Panties”, “Green Eyes” – la ricostruzione della sua storia d’amore con André 3000 degli OutKast, il padre del suo primo figlio, conclusasi all’inizio della lavorazione di Mama’s Gun - e qualche altra canzone, per un totale di un’ora mezza.
Un concerto non calligrafico, con arrangiamenti che rispettano quelli originali del disco rendendoli però più vicini al gusto moderno: avrebbe potuto essere memorabile, invece è stato bello a metà. Ne è valsa ugualmente la pena.