Dylan e il bluegrass
A Genova la consueta festa della Red Wine celebra Bob Dylan, in versione Bluegrass Party
24 novembre 2025 • 3 minuti di lettura
Genova, Teatro della Tosse
Red Wine Bluegrass Party 17
21/11/2025 - 21/11/2025Mentre si scrivono queste note il signor Robert Zimmermann, universalmente conosciuto come Bob Dylan, è in tour in Inghilterra e in Irlanda, a portare le canzoni ispide e incantate di Rough and Rowdy Ways e quant’altro gli frulli in testa sera per sera.
I’m Not There, io non sono lì, è il titolo del film a lui dedicato del 2007, tratto da una sua canzone dei Basement Tapes: tutto torna, lui è sempre altrove. Ad esorcizzare i decenni che passano premendo ancor più il piede sull’acceleratore della propria furiosa dromomania.
Con amore, con passione, e con un messaggio da raccogliere rivolto a un presente incarognito nelle guerre, nella prepotenza contro i più deboli, nei favolosi guadagni dei fabbricanti d’armi, la Red Wine ha dedicato al lui la diciassettesima edizione del Bluegrass Party, la festa con ospiti che ogni anno si rinnova a Genova.
– Leggi le recensioni di tutte le edizione del Bluegrass Party
La Red Wine è attiva dal 1978 - l’anno in cui Dylan fece uscire Street Legal, un bel disco dimenticato, stipato di venature gospel - e sono una realtà smagliante, a tutt’oggi, delle note acustiche che spesso incrociano qualche pista elettrica, senza alcun filologismo sterile da cultori aridi di un solo strettissimo genere.
La festa si intitolava Knockin’ On Freedom’s Door / Tributo a Bob Dylan: denominazione gentilmente concessa dalla Marco Calderone Produzioni, che ha appena realizzato un nuovo doppio cd, dopo quelli per Tom Petty e Johnny Cash con tributi a Dylan da tutto il mondo, Red Wine compresa, e con magnifiche illustrazioni d’autore, che nel concerto scorrevano su un grande schermo.
Il quartetto con voci, banjo, chitarra e mandolino – in realtà un quintetto con l’ospite perenne alla batteria Davide “Zaffa “ Zalaffi – era sul palco allargato a ottetto con l’armonica blues pastosa e la voce di Fabio Consani, la voce di Laura Torterolo, chitarra slide, voce e violino di un altro veterano di queste note, il romano Stefano Tavernese.
Il concerto: inizio calzante con "My Back Pages", anno di grazia 1964, il testo dylaniano allusivo che dice “ero molto più vecchio allora, adesso sono più giovane”, subito a seguire preziose versioni di "Don’t Think Twice, Its Alright" cantata da Tavernese e "Forever Young", a ribadire il concetto della “pagine passate”.
Dal ’62 il brano antirazzista "Oxford Town", reso con preziose sfumature Old Time, e poi una sorprendente "Maggie’s Farm", uno di brani ad alto wattaggio elettrico che nel ‘65 fece infuriare i puristi: qui rovesciato in una distesa ballad acustica.
Un momento apicale con "Tangled Up in Blue", dal capolavoro dylaniano Blood On The Tracks: con il bassista della Red Wine Lucas Bellotti svincolato dal consueto ruolo di folletto dei quarti e degli ottavi in due, da solo sul palco con il suo basso elettrico ad avvolgere di armonici e trucchi di mobilità molto jazzistici la voce limpida e potente di Torterolo, capace di cantare i blues più oscuri come le ballate gaeliche più cristalline, quando è con i Birkin Tree. Splendida l’invenzione su "All Along The Wachtower", inizio rarefatto e teso a corde stoppate della band, poi la voce e il violino tesissimo di Tavernese.
Impossibile citare tutto, ma un riferimento al brano finale è doveroso, dopo una cavalcata tra "Blowin’ In the Wind" e "Chimes Of Freedom", e il recupero di quel piccolo capolavoro dimenticato di Dylan che è "Ring Them Bells", da Oh Mercy: "Knockin’ on Heaven’s Door", cucita con un magnifico gioco di sponda tra accordi con "You Ain’t Going Nowhere", un brano nato nelle prolifiche session di Dylan con la Band nel ritiro di Woodstock nel 1967.
Un altro bicchiere profumato di vino rosso invecchiato così bene da sembrare un pregiato novello.