I piccoli mondi eccentrici di Aldous Harding

Warm Chris è il quarto album della musicista neozelandese Aldous Harding

Aldous Harding (foto Emma Wallbanks)
Aldous Harding (foto Emma Wallbanks)
Disco
pop
Aldous Harding
Warm Chris
4AD
2022

Warm Chris è il quarto album della musicista neozelandese Aldous Harding e, come d’abitudine, è una raccolta di canzoni forti nella loro delicatezza, bizzarre e spesso indecifrabili, ma attraversate da un calore seducente e un senso di divertimento che coinvolge e spinge a continuare l’ascolto. Le sue canzoni sono piccoli mondi eccentrici in cui finiamo per perderci senza neanche aver capito il perché, mondi piacevolmente intricati dove però tutto funziona alla perfezione.

Per Warm Chris Harding – che in realtà si chiama Hannah, Aldous è uno pseudonimo scelto per la piacevolezza del suono - si è rivolta al produttore John Parish – ricordiamo i suoi lavori con PJ Harvey e, più recentemente, con Catherine Graindorge –, continuando in questo modo una partnership professionale cominciata nel 2017 con il disco Party e che due anni più tardi ha dato vita a Designer. Le dieci canzoni che compongono l’album sono state registrate in Galles, nei celebri Rockfield Studios.

Il 15 giugno dello scorso anno era uscito il 7” “Old Peel”, brano che Harding usava per chiudere i concerti tenuti tra la pubblicazione di Designer e lo scoppio della pandemia e che non è compreso nella scaletta di Warm Chris.

 Il compito di aprire il disco spetta a “Ennui”, canzone costruita sul concetto di noia filosofica, sviluppata su accordi ritmici piuttosto semplici e sostenuta da un organo vivace che ricompare in “Fever”, brano pop-folk con tanto di fiati seduttivi e ritornello memorizzabile già dopo il primo ascolto. Altrettanto seduttiva risulta la conclusiva “Leathery Whip”, canzone che potrebbe tranquillamente essere uscita dal primo disco dei Velvet Underground e in cui compare Jason Williamson degli Sleaford Mods.

 «Voglio che ognuno si senta come un filosofo. Metti su un disco e quel disco appartiene a te» – Aldous Harding

Warm Chris è stato preceduto dal singolo “Lawn” pubblicato a gennaio: ritmo che seduce i fianchi, anticipatorio del tono dell’album in uscita.

 Come scritto all’inizio, spesso i testi delle canzoni di Aldous Harding risultano indecifrabili: come spiegato dalla musicista nel corso di un’intervista concessa a The Guardian, «per questo album ero molto meno concentrata sulla poeticità, per come la intendo io, e più sulla fonetica, fonetica pura: lasciare i suoni da soli come poeticità contro il loro sfondo – vale a dire la trama musicale -, solo il suono delle parole, piuttosto che far capire il significato alla gente».

Al centro del suo nuovo lavoro Harding inciampa, per così dire, in un ritornello che suona come una sorta di mantra: «Passion must play, or passion won’t stay,» canta sull’orecchiabile “Passion Babe”, usando l’ennesimo tono vocale del suo ampio campionario. Del resto, come ama dire lei, ci troviamo di fronte al «Jim Carrey del mondo indie».

Nel corso degli anni la musica di Harding si è fatta più vicina all’assenza di gravità e Warm Chris, una raccolta di canzoni di un pop fratturato ma aereo, continua questa marcia: è senza dubbio il suo album più leggero, una leggerezza raggiunta senza aver sacrificato la sua cifra stilistica, quella vena surrealista che ce la fa apprezzare dal suo esordio avvenuto otto anni fa. Come recitava il titolo del film sui Talking Heads diretto da Jonathan Demme nel 1984, Stop making sense!

«Alle volte ascolto alcune mie canzoni e penso, da dove arrivano? Preferisco non rovinare l’immaginazione di coloro che ascoltano la mia musica. Diciamo così, forse quando avrò 45 anni e sarò sobria e farò il mio disco del ritorno sulle scene perché avrò ripreso in mano la mia vita, quando mi sarò fatta i capelli rossi e vestirò abiti leopardati e tutta quella roba lì, avrò voglia di spiegare da dove viene tutta questa merda che la gente trova così affascinante» - Aldous Harding

P.S. Nelle sue esibizioni dal vivo Aldous Harding a volte si cimenta con “Wuthering Heights”, il celebre brano di Kate Bush, non proprio la canzone più semplice da cantare. Qui è a Londra, sei anni fa, e al termine guardate la sua espressione quando realizza di essere uscita incolume dal salto nel cerchio di fuoco: sembra Phoebe Waller-Bridge in Fleabag, semplicemente impagabile.

 

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

pop

Julia Holter, la Sibilla di Los Angeles

Il nuovo album della cantautrice statunitense Julia Holter, Something in the Room She Moves

Alberto Campo
pop

Ben Frost, glaciale metal elettronico

Scope Neglect è il nuovo album dell’artista australiano in Islanda

Alberto Campo
pop

Le canzoni filosofiche di Lætitia Sadier

Rooting for Love è il quinto lavoro da solista per la cantante degli Stereolab

Alberto Campo