20 anni di C2C con Giorgio Valletta

In attesa di Club to Club 2022, il co-fondatore Giorgio Valletta ci racconta passato e presente del festival

c2c 2022
Jamie XX al C2C 2015 (foto di Andrea Macchia)
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DJ, collaboratore di lungo corso della rivista Rumore, storico speaker radiofonico attualmente in forza a Radio Raheem, Giorgio Valletta è anche co-fondatore di Club to Club (C2C) e dunque la persona ideale per ripercorrere insieme a noi i primi vent’anni del festival e al contempo parlarci del cartellone di questa edizione che si terrà dal 3 al 6 novembre, come sempre a Torino.

Giorgio Valletta

– Leggi anche: C2C 2022, i concerti da non perdere  

«Tutto è nato da una club night che Sergio Ricciardone e io tenevamo a partire dalla fine degli anni Novanta, una serata che si chiamava Xplosiva – che diede poi il nome a un’associazione culturale –, in cui spesso avevamo ospiti stranieri. Ci venne l’idea, sulla falsariga di un tentativo fatto a Milano, di proporre una programmazione che si snodasse all’interno di vari club, con un biglietto unico valido per tutti i locali a un prezzo accessibile. Lavorammo a questo progetto con Roberto Spallacci, fino a pochi anni fa membro in pianta stabile di Xplosiva. Da qui il nome Club to Club, proprio l’idea dello spostamento fisico da un locale all’altro nella notte torinese».

«Tutto è nato da una club night che Sergio Ricciardone e io tenevamo a partire dalla fine degli anni Novanta, una serata che si chiamava Xplosiva».

«La prima edizione fu nel mese di marzo del 2002 e il programma prevedeva solo sei nomi, ma per l’epoca fu già un evento. Il biglietto costava 15 euro e il successo fu tale che replicammo la rassegna a dicembre; a partire dal 2003 spostammo C2C a novembre, in concomitanza con la settimana dell’arte contemporanea».

«La formula è cambiata perché a partire dalla sesta o settima edizione abbiamo introdotto i live e contemporaneamente si sono allargati i confini delle musiche proposte, quindi non solo più musica elettronica ma anche avant pop, jazz, indie rock, rap e altro ancora. Per forza di cose abbiamo dovuto lasciare i club e spostarci al Lingotto: se all’inizio l’idea di dover riempire un padiglione ci spaventava, oggi ne riempiamo addirittura due».

Mi ricordo quando sfruttavate solo un padiglione ma al fondo c’era la cosiddetta Sala Rossa, ribattezzata Sauna Rossa per le temperature spaventose che si raggiungevano al suo interno. Per dare un’idea ai lettori, le temperature record della scorsa estate avrebbero rappresentato un momento di frescura nella Sala Rossa.

«Ahah, la mitica Sauna Rossa. Se ricordi però li ci furono dei set incredibili: Cassius, la prima volta di Jamie XX, Adrian Sherwood & Pinch, la celebre esibizione di Vessel 8 anni fa, al cui termine lui arrivò senza un’unghia, con un polso rotto e nudo [tutto vero, ero presente]».

Adrian Sherwood & Pinch: la loro esibizione fu in contemporanea con quella, sul palco principale, di Four Tet, una situazione senz’altro penalizzante. Quest’anno i concerti cominceranno prima, alle 18.30: questo espediente riuscirà a risolvere il problema delle sovrapposizioni, costringendo a volte gli spettatori a rinunce dolorose?

«In parte. Tieni presente che il venerdì e il sabato avremo una dozzina di nomi ogni sera, fai una media di un’ora e mezza a concerto e poi ci sono i cambi di palco: le ore a disposizione saranno otto e mezza o nove e quindi qualche sovrapposizione per forza di cose sarà da mettere in conto, anche se in quantità minore rispetto alle passate edizioni. Come succede da qualche anno a questa parte, i live saranno in quantità preponderante rispetto ai DJ set».

Nelle ultime edizioni un certo tipo di jazz, che non possiamo più definire nuovo, si è ritagliato uno spazio importante nei cartelloni di C2C.

«Certamente. Cominciammo con Kamasi Washington, proseguimmo con The Comet Is Coming e quest’anno presentiamo Makaya McCraven e, facendo una piccola forzatura, i 72-Hour Post Fight. Sono tutti musicisti che sono influenzati da altri generi musicali; a questo proposito, recentemente ho avuto il piacere di intervistare McCraven che ha citato il produttore hip-hop Madlib come suo importante punto di riferimento. Lui è un grande musicista, il suo disco nuovo è bellissimo: la mia impressione è che lui possa essere uno di quelli che “mostrano la strada”».

Una mia curiosità: lo scorso anno, a causa del Covid, avete lavorato a tre scenari possibili, con grande dispendio di energie; immagino che anche quest’anno, anche se lo scenario circostante è apparentemente migliorato, abbiate messo in piedi almeno un “piano B”, qualcosa del tipo “London Bridge is down”.

«Non me ne sono occupato io ma penso che Sergio [Ricciardone] abbia preso in considerazione questa possibilità. Ormai manca poco direi che, incrociando tutto ciò che è incrociabile, il cartellone annunciato sarà quello definitivo, nelle modalità annunciate».

Soddisfatti della line-up?

«Assolutamente sì e la risposta straordinaria del pubblico sta confermando la bontà delle scelte: siamo sold out. I due anni di digiuno forzato – quella dello scorso anno fu un’edizione ridotta, senza il coinvolgimento delle sale del Lingotto – ci hanno dato una mano ma indubbiamente il cartellone risulta appetibile per molti, un riuscito compromesso di novità e di amici di lunga data, su alcuni dei quali scommettemmo ai loro esordi e con cui ci fa molto piacere festeggiare il ventennale».

«A proposito di scommesse, quest’anno il mio all in va su Two Shell, un nome destinato a diventare davvero grande, e Jockstrap, un duo che siamo in molti ad aspettare, e tu sei uno di questi, lo so».

– Leggi anche: Il sorprendente debutto dei Jockstrap

«Prima ho nominato degli artisti riconducibili in qualche maniera al jazz e adesso vorrei ricordare i due artisti provenienti dal mondo dell’hip hop: non sono due puristi – e questo è ciò che ce li ha fatti scegliere –, perché Blackhaine è un esponente del rap più cerebrale, assolutamente bianco, uno che abbiamo scoperto grazie alla sua collaborazione con gli Space Afrika, mentre Pa Salieu, ormai una certezza, uno che vanta collaborazioni con FKA Twig e Slowthai, porterà il suo rap fortemente influenzato dall’Africa».

«L’età media del pubblico si è abbassata, è intorno ai 25 anni».

«Ci tengo a sottolineare che l’età media del pubblico si è abbassata, è intorno ai 25 anni e lo interpreto come un buon segnale; il pubblico torinese è una minoranza, si attesta intorno al 30%, mentre il restante 70% arriva da altre città  dall’estero».

L’appuntamento è dunque per il 3 novembre alle OGR ma prima di chiudere Giorgio ci regala un ultimo consiglio e, per quel che vale il mio parere, sono d’accordo con lui: DJ Plead, australiano di Melbourne ma di origini libanesi. Si esibirà sabato 5 novembre all’interno di Bar Mediterraneo, la sezione curata dai Nu Genea che ha come filo conduttore le sonorità e le culture del Mediterraneo, il nostro mare che almeno per una sera tornerà a essere culla di civiltà e non tomba di disperati.

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