Minimalismo spettacolare, alla portata di tutti
A Bologna, prima italiana di "Canto ostinato"
Recensione
classica
Il pubblico bolognese (quello curioso, piuttosto che quello tradizionalista) è accorso numerosissimo alla prima esecuzione italiana di "Canto ostinato" (1979) del compositore olandese Simeon ten Holt (classe 1923). La partitura, destinata a uno o più strumenti a tastiera, si compone d’una serie di brevissimi moduli (da 1 a 8 battute), ora costruiti su un giro armonico (spesso un tetracordo discendente) ora su una semplice melodia modaleggiante, che si ripetono più e più volte, con progressive varianti melodiche indicate dal compositore su pentagrammi alternativi e varianti dinamiche demandate all'estro degli esecutori, fino a quando ogni modulo viene considerato ormai "esaurito" dal capogruppo, che con un cenno del capo invita tutti a passare al modulo successivo. E' insomma una classica composizione minimalista, un genere per certi versi già vecchiotto ma ancora semisconosciuto alle sale da concerto italiane, mentre risuona da anni nelle orecchie degli ascoltatori occasionali, fra colonne sonore cinematografiche e sottofondi musicali delle palestre di yoga. L'esecuzione è stata affidata a quattro pianisti, che con perfetto aplomb ritmico si sono spartiti i sei pentagrammi della partitura dilatando l'opera fino a 70 minuti di musica (una lettura senza ritornelli impiegherebbe meno di 10 minuti). Perfetta l’ambientazione nella cosiddetta Sala Borsa, vale a dire la sala liberty di forma quadrata, con due giri di chiostri sovrapposti, che a inizio Novecento ospitava la borsa valori bolognese e che ora è sede di una popolare mediateca. Gli spettatori, assiepati circolarmente attorno ai pianoforti disposti a X, sullo stesso livello o affacciati alle balaustre dei chiostri superiori, hanno ben gradito lo spettacolo insolito, cullati dall’eufonica omoritmia dei suoni prodotti.
Note: Prima esecuzione italiana
Interpreti: Piano Ensemble (Fred Oldenburg, Sandra van Veen, Jeroen van Veen, Irene Russo)
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