L’altra Donna di Strauss
Al Badisches Staatstheater di Karlsruhe un riuscito allestimento de La donna silenziosa di Richard Strauss
Se Die Frau ohne Schatten (La donna senz’ombra) nelle ultime stagioni ha goduto di un rinnovato interesse, l’altra donna di Richard Strauss, ossia Die schweigsame Frau (La donna silenziosa), continua a essere merce rara anche sui palcoscenici dei paesi di lingua tedesca. Eppure, quest’opera non è per niente inferiore ai grandi capolavori del compositore: soggetto accattivante, libretto di raffinata scrittura, scrittura vocale da operista che ha ben studiato i grandi del passato, e talento di orchestratore da vendere.
Dopo la felicissima stagione con von Hofmannstahl, Strauss infatti ritrova in Stefan Zweig un nuovo partner artistico capace di fargli raggiungere i vertici del passato. “Se anche Lei mi abbandona, non mi resterà altro che fare che condurre una noiosa vita da privato cittadino disoccupato ... Io non La lascio, non La lascio soprattutto perché oggi abbiamo un regime antisemita”, scriveva nel 1935 Richard Strauss al suo nuovo librettista. Nonostante le migliori intenzioni, quella collaborazione non andrò oltre Die schweigsame Frau proprio per il violento intervento del regime nazionalsocialista contro l’insopportabile legame artistico fra il massimo compositore tedesco e un ebreo. E, malgrado il forzato abbandono di quella promettente collaborazione, l’operoso Strauss si guardò bene dall’abbracciare la noiosa vita da disoccupato.
Il soggetto proviene dalla commedia Epicoene or the silent woman dell’elisabettiano Ben Johnson, già fonte di ispirazione di opere buffe come il Ser Marcantonio di Pavesi e il più celebre Don Pasquale di Donizetti. Zweig restò però più fedele all’originale mantenendo intatto il nucleo drammaturgico della vicenda: un vecchio misantropo preso per il naso da una giovane, che, una volta diventata sua moglie, da remissiva (o silenziosa) si trasforma immediatamente in una furia con gli inevitabili sconquassi nella vita dell’anziano marito. Nell’opera di Strauss la donna silenziosa è Aminta, commediante nella compagnia di giro dell’italiano Vanuzzi, come lo sposo Henry, nipote del vecchio lupo di mare Sir Morosus. Intenzionato a mettere fine al suo isolamento, Morosus vorrebbe trovare una sposa adatta a lui. Temendo di perdere la cospicua eredità, complici gli altri commedianti e lo scaltro barbiere Schneidebart (degno discendente del rossiniano Figaro), Henry mette in piedi un finto matrimonio fra lo zio e la sua sposa Aminta, sotto le mentite spoglie di Timidia. La repentina metamorfosi della donna ottiene l’effetto sperato e, svelato l’inganno, Morosus ritrova la pace nella solitudine e serenamente conclude: “quant’è meravigliosa una moglie giovane e silenziosa. Ma quant’è meravigliosa quando resta moglie di un altro!”
L’allestimento firmato da Mariame Clément per il Badisches Staatstheater di Karlsruhe non tradisce lo spirito della commedia sentimentale malgrado qualche veniale scivolata nel goliardico. La scena in orizzontale di Julia Hansen, che firma anche i poco fantasiosi costumi di foggia contemporanea, riproduce un grande salone in boiserie con memorabilia del passato marittimo di Morosus e moderno mobilio ospedaliero. Nella seconda parte, lo stesso spazio è diviso in tre ambienti che svelano al pubblico il gioco di travestimenti dietro alla beffa allo sventurato Morosus. Poche le invenzioni rispetto all’efficace libretto, ma è ottimo il lavoro di squadra della regista che premia il buon risultato d’insieme dell’ensemble di casa, privo di punte di eccellenza ma di apprezzabile equilibrio. Un po’ ai limiti delle sue possibilità vocali, Danae Kontora offre comunque una prova più che riuscita come Aminta, decisamente più credibile sul versante sentimentale, nel quale trova un partner ideale nell’Henry dallo slancio lirico di Eleazar Rodriguez. Spassosissime sono le due altre commedianti Henriette Schein come Isotta e Florence Losseau come Carlotta, così come le loro controparti maschili capitanate dagli scaltri Renatus Mészár come Vanuzzi, Konstantin lngenpass come Morbio e Gabriel Fortunas come Farfallo. Buffo ma con misura il Morosus di Friedemann Röhlig sollecitato dallo spiritato Schneidebart di Tomohiro Takada tenuto a freno, con scarsi risultati, dalla governante di Christina Niessen.
Decisamente energica e piuttosto sbrigativa è la direzione di Georg Fritsch, più attento allo spirito della commedia che ai languori sentimentali. Lo spettacolo dello Strauss orchestratore, comunque, si gode tutto grazie anche all’ottima prova della Badische Staatskapelle in gran forma.
Divertimento e molti applausi. Si replica fino ad aprile.
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