Jonas, il divo domestico

Il tenore è il protagonista del documentario “Jonas Kaufmann – Il Divo Tenore” disponibile in Italia attraverso la piattaforma Nexo+

 Jonas e Christiane Kaufmann
Jonas e Christiane Kaufmann
Recensione
classica
Nexo+
Jonas Kaufmann - una star mondiale nel privato
23 Settembre 2021 - 31 Dicembre 2021

Vent’anni fa i tenori erano tre. Oggi c’è il tenore è uno: Jonas Kaufmann. Il “re dei tenori” è protagonista del documentario “Jonas Kaufmann – Una star mondiale nel privato” (“Jonas Kaufmann – A Global Star in Private”) diretto da Michael Giehmann per Amazon Exclusive, disponibile in Italia attraverso la piattaforma Nexo+ dal 6 ottobre.

Il set è la sua casa sul lago nelle Alpi Bavaresi. L’immagine del tenore è molto domestica e lontanissima da quella del divo globale capace di riempire la vasta Königsplatz di Monaco per il concerto all’aperto nel 2015 o gli oltre ventimila posti della berlinese Waldbühne per il concertone “An Italian Night” del 2018. Le immagini di quegli eventi, fra i molti possibili, interrompono di tanto in tanto il racconto del padre di famiglia in compagnia dei figli Fabio, Matteo e Charlotte, nati dal suo precedente legame con il mezzosoprano Margarete Joswig, e dell’ultimo arrivato, nato dal legame con la regista Christiane Lutz, incontrata a Milano durante le prove del Lohengrin al Teatro alla Scala (lei, allora, era assistente del regista Claus Guth).

A Casa Kaufmann le abitudini sono molto italiane, a cominciare dalla passione per il caffè espresso e per la cucina, esercizio, quest’ultimo, non molto lontano dal rigore richiesto nella preparazione di un ruolo secondo lui. La coppia prepara il pranzo per i due amici di lunga data: l’attore Alexander-Klaus Stecher e la moglie Judith Williams. A tavola, condivide con loro aneddoti di una lunga carriera, difficoltà e solitudini di una star globale, ricordi di una vita e di una infanzia felicemente normale, magari visionando i filmini girati dal padre in qualche spiaggia della riviera romagnola, destinazione estiva di molte famiglie tedesche che il mare vero lo vengono a cercare in Italia.

La sua non è molto diversa da quelle famiglie. Il padre fa l’assicuratore e la madre maestra d’asilo. E la musica? A Monaco, dove Jonas è nato nel 1969, se ne fa moltissima e, come per molti, anche per i Kaufmann è un’abitudine assistere a opere e concerti. La musica non manca in quella famiglia, ma nessuno ha mai pensato che ci si possa vivere, forse nemmeno il piccolo Jonas, che canta nel coro della scuola ma, quando è il momento di decidere cosa fare da grande, si iscrive a matematica. Resiste solo quattro semestri e poi lascia per studiare canto alla Hochschule für Musik und Theater della sua città. Come molti padri, anche il suo non è molto convinto dalla scelta del figlio ma non lo ostacola. Arriveranno anche per lui le soddisfazioni per quel figlio che ha scelto una strada non facile. Jonas si laurea con lode nel 1994, ma la partenza allo Staatstheater di Saarbrücken, dove resta due anni, è complicata e faticosa. Ai dubbi se quella sia la carriera giusta per lui, come succede spesso, si assommano anche le difficoltà vocali. Tutto si risolve quando, nel 1995 a Treviri, conosce il baritono americano Rhodes, che gli insegna che non deve cantare come un tenore tedesco ma deve essere se stesso. Deve rilassare la voce e il corpo. Insegnamenti preziosi che gli consentono di ripartire con la tradizionale gavetta nei teatri della provincia tedesca, nemmeno troppo lunga, seguita da un ingaggio nell’ensemble del prestigioso Opernhaus di Zurigo, tutte esperienze fondamentali per costruirsi il repertorio da tenore. Il giro si allarga anche con qualche tappa importante (ma in quanti se lo ricordano nel Così fan tutte di Ion Marin e Strehler al Piccolo Teatro nel 1998?).

Agli amici racconta il suo primo grande successo internazionale, quello che gli procura una fama mondiale: la Traviata alla Metropolitan Opera nel 2006. Al suo fianco c’è Angela Gheorghiu, diva fragile e imprevedibile, una collega con la quale, quando condividi il palcoscenico, sei costretto a chiederti: “cosa succederà oggi?”, spiega. Con un certo divertimento, Kaufmann ricorda anche quella Tosca alla Staatsoper di Vienna nel 2016, quando la Gheorghiu, offesa da un eccesso di attenzioni per il tenore (dopotutto è la primadonna!), non entra in scena al terzo atto e lui, seguendo la linea melodica, canta “Non abbiamo un soprano…” provocando l’ilarità del pubblico.

Il segreto del suo successo? Gli insegnanti, l’ispirazione giusta ma, in fondo, per lui si tratta di “ein Zufall”, un caso. Kaufmann è un divo vero, ma non sembra darsi troppe arie e tenere i piedi ben saldi a terra. La figlia Charlotte parla del suo Canio nei Pagliacci a Salisburgo, e lo vediamo mentre con il rosso per le labbra si disegna un ghigno che lo fa sembrare simile al Joker, lo sguardo perso nel vuoto. “Si vedeva la follia in quello sguardo”, ricorda la figlia. Non c’è da sorprendersi per un interprete che colpisce soprattutto la sua visceralità e la sua fisicità quando è sul palcoscenico. Nel preparare un ruolo, dice, è sempre aperto al dialogo e alle idee, ma alla fine deve essere il primo a crederci per calarsi completamente nell’idea del personaggio. Ma poi come si fa ad uscirne a fine recita? E lui: si chiude il sipario, lasci passare qualche secondo, ma poi torni a vivere. “È un lavoro”, dice. Semplice!

Semplice è anche la sua ricetta personale per mantenere la forma vocale: non esagerare con l’alcol, non mangiare troppi dolci e dormire a sufficienza. E aggiunge di non essere troppo amico dell’“overprotection”, così tipico dei cantanti lirici, sempre così attenti a non mettere in pericolo il proprio strumento. “Vivo con questo lavoro e amo questo lavoro. Ma non vivo per questo lavoro!” è la sua filosofia.

Naturalmente la musica non manca. La “grande musica” è relegata agli inserti dai concerti della Königsplatz (in duo con Anna Netrebko per “La bohème”) o della Waldbühne. Nel salotto di casa, invece, accompagnato dall’amico da trent’anni Helmut Deutsch seduto al Bösendorfer, il tenore preferisce dedicarsi agli “Schlager”, alle hit più o meno recenti. “La musica, e l’opera in particolare, è un virus, ma un virus positivo: non te ne liberi facilmente” dice. Insomma, Wagner, Verdi o Modugno per lui pari sono: è il virus della musica. Con l’amico Deutsch, che elogia la sua capacità di saper cantare piano nonostante la potenza vocale, parla di “Tu che m’hai preso il cuor” come di una hit anni ’50 (!) di Gianni Morandi, che poi è la celebre “Dein ist mein ganzes Herz” da un’operetta di Lehár, e la canta in tre lingue (tedesco, italiano e inglese). Per la lacrimosa “Mamma” di Cesare Andrea Bixio, invece, preferisce l’originale italiano perché la traduzione tedesca ne tradisce il senso. C’è la canzone napoletana: è l’appassionata “Torna a Surriento” di Ernesto De Curtis. E c’è anche la nostalgica “Der alte Herr Kanzleirat”, omaggio al popolare attore austriaco Hans Moser, protagonista del “turistico” Der Herr Kanzleirat made in Austria anno 1948. Mette sul giradischi un vecchio 45 giri dal suono graffiato: è “Ciao, ciao, bambina” con la voce di Domenico Modugno, sì proprio Mister Volare popolarissimo anche in Germania, omaggiato con una versione lirico-sinfonica di “Nel blu dipinto di blu” al Waldbühne in duo con il mezzosoprano Anita Rachvelishvili, che proprio lui ha tenuto a battesimo in una Carmen alla Scala qualche Sant’Ambrogio fa. E arriva il gran finale con “Nessun dorma”, ovviamente, ancora al Waldbühne davanti a un pubblico estatico e entusiasta, appuntamento immancabile fin dalla notte magica alle Terme di Caracalla di tanti anni fa. Non finiscono così tutti i tenori?

La fine, appunto. Gli amici gli chiedono se anche lui finirà per diventare un baritono come il grande Plácido Domingo. Non cerca la polemica, anche se fa capire, per sé, ha in mente altro: ha una famiglia allargata, ha molti amici, ha molti hobbies... Soprattutto non ha paura di tornare a essere un “Privatmensch”. Quel momento, però, sembra ancora molto lontano.

 

 

 

 

 

 

 

 

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