Jim Jarmusch musicista rock

Silver Haze è il debutto degli SQÜRL, progetto del regista con Carter Logan (e l'aiuto di Charlotte Gainsbourg e Marc Ribot)

SQÜRL
Disco
pop
SQÜRL
Silver Haze
Sacred Bones
2023

La notizia è che, alla bella età di 70 anni, Jim Jarmusch festeggia con Silver Haze il debutto discografico del progetto SQÜRL, di cui è titolare insieme a Carter Logan, anch’egli cineasta e musicista.

Non si tratta di un capriccio senile, come sa chi conosce la biografia del regista statunitense, attivo in gioventù nel sottobosco newyorkese animato dall’osmosi fra musica e cinema: quando stava realizzando il primo lungometraggio Permanent Vacation, era tastierista nei Del-Byzanteens, band di un certo peso nella cerchia “no wave” gravitante intorno al CBGB.

«Fin dall'adolescenza, la musica ha contribuito a plasmare la mia vita e le decisioni che ho preso nel corso del tempo»

«Fin dall'adolescenza, la musica ha contribuito a plasmare la mia vita e le decisioni che ho preso nel corso del tempo», ha confessato qualche settimana fa a “The Guardian”. Il sodalizio con Logan ha origine all’epoca di The Limits of Control, film da lui firmato nel 2009: in coppia registrarono un paio di tracce destinate alla colonna sonora facendosi chiamare Bad Rabbit (la denominazione attuale è contrazione di squirrel, invece).

E da lì non si sono più fermati, arricchendo il repertorio con composizioni a carattere cinematografico per lavori propri (Solo gli amanti sopravvivono, Paterson e I morti non muoiono) e altrui (i cortometraggi di Man Ray sonorizzati dal vivo recentemente in Italia).

In questo caso, però, non vi sono secondi fini, nel senso che il contenuto musicale è dotato di piena autonomia. Nel procedimento creativo il duo ha fatto ricorso alla suggestione delle Strategie Oblique (escogitate da Brian Eno e Peter Schmidt nel 1975) e si è avvalso in studio del produttore Randall Dunn, il curriculum del quale – irrobustito dai precedenti al fianco di Sunn O))) e Earth – anticipa alcune argomentazioni dell’album, aperto dal drone greve di “Berlin ’87”.

Massicci accordi di chitarra elettrica reggono pure il successivo “The End of the World”, sostenendo il recitativo di Jarmusch, che ostenta aplomb da speaker e narra di “una banda di adolescenti selvatici” osservata da un anziano affacciato alla finestra del suo appartamento, “un bunker sopraelevato”. Il tono cambia con “Garden of Glass Flowers”: episodio strumentale alla Paris, Texas in cui si apprezza l’intervento di Marc Ribot, nuovamente in azione poi durante il tributo a Michelangelo Antonioni reso nell’altrettanto suggestivo “Il deserto rosso”.

Completano il settore ospiti due voci femminili: in “She Don’t Wanna Talk About It” la cantautrice inglese Anika dialoga con il regista in modalità Nancy Sinatra/Lee Hazlewood, distillando spleen davanti all’oceano (“Arrivarono le onde grandi e tutti impazzirono, così tanta acqua, acqua dappertutto”), mentre in “John Ashbery Takes a Walk” troviamo Charlotte Gainsbourg alle prese con le poesie Le Livre Est Sur la Table e Some Trees dell’autore citato nel titolo, l’esponente più noto dei New York School Poets, indicati come “padrini artistici” dagli SQÜRL.

Concludono la sequenza “Queen Elizabeth”, blues catacombale per una donna perduta (“Qualcuno dice che sei tornata a Forth Worth, ma io credo sia L.A., ovunque tu sia sappi che sto cantando questa canzone per te”), e il brano omonimo al disco, nel quale gli arpeggi di chitarra si mescolano ai volteggi cosmici di un sintetizzatore.

Benché la natura dell’opera sia programmaticamente amatoriale («Siamo un gruppo rock appassionatamente marginale», recita il biglietto da visita), Silver Haze è molto più di un divertissement ozioso: suona bene e affascina.

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