Il sofferto esordio solista di Beth Gibbons

In Lives Outgrown la voce dei Portishead mette in musica il suo bilancio esistenziale

Beth Gibbons
Disco
pop
Beth Gibbons
Lives Outgrown
Domino
2024

Le radici dell’esordio da solista di Beth Gibbons si annidano nel passato, addirittura ai tempi in cui divenne vestale del trip hop a Bristol con i Portishead.

– Leggi anche: Gibbons/Górecki, trip-opera

Il successo riscosso nel 1994 dal leggendario Dummy l’allontanò dal progetto .O.Rang, architettato dagli ex Talk Talk Paul Douglas Webb e Lee Harris, del quale era in procinto di diventare cantante.

Insieme al primo – celato dietro lo pseudonimo Rustin’ Man – avrebbe realizzato poi nel 2002 l’album Out of Season, mentre al secondo si è legata artisticamente dopo essere stata ingaggiata da Domino nel 2014.

L’elaborazione del disco cominciò in quel periodo, quando lei si cimentava frattanto con la Sinfonia No. 3 di Henryk Górecki, sorretta dall’Orchestra Sinfonica della Radio Nazionale Polacca diretta da Krzysztof Penderecki (la registrazione del concerto fu resa pubblica nel 2019).

Tranne alcune apparizioni occasionali, ospite inattesa in Mr. Morale & the Big Steppers di Kendrick Lamar e complice in remoto delle ragazze afgane espatriate in Pakistan Miracolous Love Kids, da allora è rimasta nell’ombra.

Si è concentrata sulla laboriosa preparazione del materiale destinato a Lives Outgrown, ricavandone un brogliaccio dalle fattezze bizzarre, dovute all’impiego di stravaganti fonti sonore (dalla sorta di liuto cinese chiamato ruan al dulcimer martellato, usando come percussioni una scatola di cartone riempita di tendaggi, una cassettiera, un tegame da paella, un Tupperware e altri oggetti ancora): “Un suono legnoso”, lo ha definito James Ford, produttore degli ultimi lavori di Blur, Depeche Mode, Arctic Monkeys e Pet Shop Boys, incaricato della rifinitura.

Sul piano narrativo, invece, ci troviamo di fronte a un bilancio esistenziale stilato alla soglia dei Sessant'anni: “Maternità, ansia, menopausa e mortalità”, i temi conduttori indicati dall’autrice.

Ecco dunque “il fardello della vita”, titolo di un brano segnato da ritmo cupo, chitarra mesta, voce sussurrante e decorazioni d’archi da classica contemporanea. Gibbons confessa di avere il “cuore logoro e stanco” in “Oceans”, ballata elegiaca che sfocia in un bagno di spleen melodrammatico, e descrive “un dolore pagàno” da “amore solitario” nell’iniziale “Tell Me Who You Are Today”.

E all’apice dell’opera, durante “Reachin’ Out”, fra tambureggiare incalzante e fiati in cinemascope, formula interrogativi colmi di pathos: “Dov’è finito l’amore, dov’è il sentimento, dov’è la fede nelle parole che stiamo bisbigliando? Perché ti allontani da me?”.

Esprime altrettanta intensità “Beyond the Sun” (“La fede perduta, piena di dubbi, nessun sollievo”), ambientato in un fosco paesaggio mediorientale attraversato da enfasi corale e guizzi di free jazz: accento esotico che caratterizza pure “For Sale”, con il violino gitano di Raven Bush, nipote di Kate, e bagliori immaginifici (“Il fascino dell’illusione ferisce come una lama”), e “Rewind”, numero di folk gotico dalla cadenza rituale e i riverberi Jajouka delle ance, nel quale lo sguardo si allarga contemplando la sorte del pianeta (“Questo posto è fuori controllo e sappiamo tutti cosa sta per accadere, ci siamo spinti troppo in là e non si potrà tornare indietro”).

La sensazione di affanno permea “Floating On a Moment”, alleviata in chiusura da un coro infantile sostenuto dal clavicembalo: “Passeggera di un viaggio non ordinario”, la protagonista ammette di sentirsi “troppo spaventata per essere libera” e conclude (disin)cantando “tutto ciò che abbiamo è qui e ora”.

In coda a un simile tour de force emotivo affiora però uno scorcio di sofferta serenità: “Amore mormorante, soffia nel mio cuore, quando puoi”, è l’invocazione finale, prima che “Whispering Love” sfumi tra risonanze rurali.

Incastonato nella tenebrosa costellazione in cui orbitano Blackstar di Bowie, la quadrilogia American di Johnny Cash e le imprese di Scott Walker dell’epoca 4AD, Lives Outgrown non costituisce affatto un facile ascolto, ma sfidando il quieto vivere si rivela necessario.

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