Il fascino discreto di Tirzah
Nel nuovo album Colourgrade la trentatreenne londinese Tirzah si espone tra le righe
![Tirzah Colourgrade](/sites/default/files/album/main_image/Tirzah.jpeg)
Che Tirzah fosse un personaggio dall’indole appartata, più ancora di quanto evidenziasse la musica, fu chiaro quando si esibì tre anni fa alle OGR di Torino per Club To Club: schiva, quasi intimidita, esponeva dal vivo le canzoni dell’album d’esordio Devotion, uscito in estate.
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La affiancavano allora sul palco Mica Levi, amica e partner artistica da sempre, e Coby Sey: gli stessi che – insieme al fratello maggiore del secondo, Kwes, in veste di produttore – le sono stati accanto nell’elaborazione del nuovo lavoro, intitolato con il vocabolo che designa il procedimento digitale di rifinitura cromatica volto a enfatizzare l’efficacia emotiva di video e fotografie, Colourgrade.
«Un’istantanea del subconscio», l’ha definito l’autrice intervistata da “Stereogum”, alludendo in qualche modo alla situazione in cui l’opera ha preso forma: tra una gravidanza e l’altra, in una dimensione – diciamo così – domestica. E ciò affiora all’ascolto: “La mia bimba, stanotte sta dormendo”, dice un verso di “Sleeping”, ninna nanna adagiata su arpeggio di chitarra distorta e glitch assortiti, mentre la fragile melodia di “Beating” mette in scena la simbiosi riproduttiva (“Tu hai me, io ho te, abbiamo creato vita, sta pulsando”).
Intimità mostrata con riservatezza: di questo si tratta in termini narrativi. A ciò corrisponde un arredo sonoro addirittura più essenziale e austero che al debutto, in sé già d’ispirazione minimalista: la traccia d’apertura ostenta accento robotico e ambientazione sintetica, seguita da “Tectonic”, dove a dispetto di argomenti carnali (“Quando mi tocchi, esco dal mio corpo, l’istinto prende il sopravvento”) il tono è distaccato e appena impercettibilmente sensuale, suggerendo scorci da “post clubbing” (“Inseguito come un ritmo, magnetizza i nostri fianchi, techno alle placche tettoniche”).
Dopo di che entra in azione Coby Sey, duettando con la protagonista in “Hive Mind”: cantilena ipnotica da trip hop liofilizzato.
E se a tratti l’intonazione diventa più confidenziale, accennando vaghe inflessioni soul, ad esempio in “Sink In” e “Send Me”, c’è comunque qualcosa che agisce da elemento di contrasto: la cadenza funerea, nel primo caso, o un inopinato e feroce imbizzarrimento metal della chitarra elettrica, in coda all’altro.
All’età di 33 anni, la londinese Tirzah Mastin dispensa dunque fascino con massima discrezione: Colourgrade richiede perciò pazienza e attenzione per essere apprezzato, ma ne vale la pena, anche solo per lasciarsi inghiottire all’epilogo dalla magia amniotica di “Hips”, fluttuando tra l’elegiaca svagatezza della voce e i gorgoglii del sintetizzatore.