È sempre un gran casino, Angel Olsen!

Whole New Mess è il nuovo album di Angel Olsen, e conferma il valore e l'originalità della cantautrice americana

Angel Olsen Whole New Mess
Disco
pop
Angel Olsen
Whole New Mess
Jagjaguwar
2020

Parte languido questo nuovo disco di Angel Olsen – il quinto in solitaria, l'esordio risale al 2012 –, cantautrice americana amata da molti e non capita, forse, da tanti altri suoi potenziali ascoltatori. Nessuno mi toglie della testa questa considerazione, magari sto sovrinterpretando, chissà.

I motivi sono certamente un modo di porsi provocatorio e allo stesso tempo languido e poco accondiscendente verso il classico modello di autrice e cantante delle proprie canzoni, tutta vestitini e pose ammiccanti. Vivaddio! verrebbe da dire, e qui casca l'asino: Angel Olsen invece si presenta proprio così, vedere certe foto promozionali per credere, e sadica vi dilania da dentro con le sue parole e il suo cantato da animale ferito mentre voi magari pensate «uh che carina col fiocchetto e il vestitino».

Ora, a parte questa spiegazione volutamente cafona e legata a una mentalità maschilista che per fortuna sta avendo tanto filo da torcere, Olsen sa il fatto suo: suona, canta e arrangia il tutto il maniera semplice e senza troppi fronzoli, poche note di tastiera e voce e chitarra, effettate alla bisogna: si ascolti la livida “Too Easy (Bigger Than Us)”, o ancora più spoglia in “(New Love) Cassette”, e qui siamo pericolosamente dalle parti della Cat Power di You Are Free (2003), mentre la definitiva “Lark Song” è lì a farvi capire che la classe non è affatto acqua.

Il tema stilistico resta sempre quello però, piaccia o meno. Vi troverete al cospetto di una quarantina di minuti scarsi di sue storie, della sua visione del mondo – “Gettin' back on track, gettin' back on track. When it all fades to black, I'll be gettin' back on track. Back to my own head, cleared out 'til the time comes” – e dell'approccio senza troppi compromessi che Olsen sembra mettere in pratica ogni giorno, prendere o lasciare. Il rischio è anche quello di perdervi nelle nebbie di “(Summer Song)”, in pratica lo shoegaze senza le chitarre, mentre in “Waving, Smiling” si fa il verso alle country-song di una volta aggiungendoci una vena ancora più malinconica e, credetemi, non vi basteranno un plaid e un caminetto per scaldarvi perché qui Olsen giganteggia tra ricordi e sensazioni, con la sola voce e le parole.

Whole New Mess assomiglia a un lago calmo nel quale vi buttate e dal quale, stranamente però, non riuscirete che ad uscirne col fiatone. Questa è infatti musica che somiglia ad acqua pesante. Non è affatto un disco di facile ascolto, anche se di primo acchito può sembrare il contrario. La Olsen lascia una ferita dentro, ogni tanto andrete a toccarla e ricorderete a voi stessi di quella volta che vi siete fatti male. Il dolore che piace insomma.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

pop

I Calibro 35 rapinano il jazz

In Exploration il supergruppo cinefilo accende la tv a suon di fusion, da Lucio Dalla a Mixer

Alberto Campo
pop

More: il ritorno dei Pulp

La band di Jarvis Cocker pubblica un nuovo album dopo 24 anni di silenzio discografico

Alberto Campo
pop

Marc Ribot, o dell’ottimismo della volontà

In Map of a  Blue City il grande chitarrista statunitense diventa cantautore nel segno di Gramsci

Alberto Campo