Anderson .Paak, un tipo da spiaggia

Oxnard conferma Anderson .Paak tra i nomi che contano sulla scena black americana, ma non convince del tutto

Anderson Paak
Disco
pop
Anderson .Paak
Oxnard
Aftermath
2018

Oxnard, Oxnard… Lo ammetto, mai sentito; mi viene in soccorso Wikipedia e scopro che è il nome di una cittadina californiana situata a un centinaio di chilometri a nord-ovest di Los Angeles, prima di Ventura e Santa Barbara, luogo di nascita, trentadue anni fa, di Brandon Paak Anderson, conosciuto come Anderson .Paak.

Il nome di Anderson .Paak comincia a girare insistentemente dopo la sua collaborazione con Dr. Dre nell’album Compton del 2015: è l’introduzione a un pubblico più vasto e più mainstream. Non dimentichiamo che Dre è il produttore che ha lanciato nomi quali N.W.A., Snoop Dogg, Eminem e Kendrick Lamar. L’anno seguente è Malibu ad aumentare ulteriormente il suo seguito, lavoro di grande successo dove Anderson .Paak mette in mostra il suo rap espressivo e il suo approccio soul alle parti cantate. È fatta, Dre lo mette sotto contratto e produce Oxnard, il primo disco uscito per l’etichetta Aftermath, che chiude la "trilogia delle spiagge" con Venice e Malibu.

Il disco parte bene, “The Chase” vede la partecipazione di Kadhja Bonet (ne abbiamo parlato qui) e ha una base che sembra uscita da un film blaxploitation, la linea di basso è puro Dre style. “Tints” è stato il primo singolo estratto dall’album e, malgrado la presenza di Kendrick Lamar, non ha il colpo del k.o., la produzione non convince e la performance dei due privilegia la quiete rispetto all’high-energy. “Who R U?” è stato il secondo singolo e le domande sono due: "Perché questa canzone è stata scelta come singolo?", "Perché è stata inserita nell’album?". Anderson non è nel suo territorio, questa vorrebbe essere una canzone divertente ma ci si diverte come all’ora del tè in un ospizio.

Lo dico subito, sono troppe le canzoni deboli, con una struttura confusa e una produzione incasinata, a volte – cosa gravissima – vecchia.

E allora concentriamoci sugli episodi salvabili: “Smile / Petty” ha una bella linea di basso funky, finalmente le spalle ondeggiano e Anderson sembra più a suo agio; “Brother’s Keeper” è uno degli episodi migliori dell’album e Pusha T (ne abbiamo parlato qui) conferma che il 2018 è stato per lui un anno da incorniciare. “Anywhere” è puro G-funk, Snoop ci ricorda Warren G e Nate Dogg, è la canzona perfetta per una festa in casa al sabato sera, e poi c’è “Cheers” con Q-Tip e finalmente abbiamo il beat, Anderson fa Anderson e Q-Tip spara versi come “Sono stufo di spedire fiori a tutte le madri dei miei fratelli” e “So cosa significa perdere tutto quando l’avevi costruito” e i fiati sono bellissimi (Che ci sia la mano di Terrace Martin?).

Nei dischi precedenti (anche in Yes Lawd! uscito a nome NxWorries) l’identità artistica di Anderson .Paak era sempre in primo piano, questo invece sembra addirittura un progetto non suo. Sia chiaro, non penso che un artista debba rimanere sposato ai suoi stilemi ma in questo caso i trucchi messi in campo non lasciano trasparire l’indubbio talento dell’artista: l’energia latita, le composizioni, salvo gli episodi elencati, risultano deboli, in definitiva mancano le idee.

Se Oxnard vuole essere un invito a visitare la sua città natale, mi vedo costretto a rifiutarlo.

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