Quarta edizione del Wozzeck all'Opera: dalla storica prima italiana del 1942 non era mai successo che passassero quasi trentacinque anni tra due riprese di questo capolavoro del ventesimo secolo. E non era mai successo che lo si rappresentasse in un teatro così vuoto, ma il non averlo inserito in abbonamento e non aver fatto un'adeguata promozione rendevano prevedibile questo risultato deprimente.

La prima esecuzione assoluta di Obra Maestra, opera vincitrice del Concorso Orpheus bandito dallo Sperimentale di Spoleto, è stata l'occasione di una querelle tra compositore e regista, che potrebbe essere l'occasione per ripensare l'apporto del regista, il rapporto tra testo e interprete e, in definitiva, la drammaturgia stessa del teatro in musica contemporaneo.

Il Festival Pergolesi Spontini si è inaugurato con un'edizione dell'Adriano in siria che presentava luci e ombra (ma più luci che ombre)

La messa in scena totalmente fuorviante di Giancarlo del Monaco si riflette anche nell'esecuzione musicale dell'Otello di Rossini, che appare incoerente e discontinua, per di più gravemente compromessa dalla prova di un Chris Merritt irriconoscibile.

Silvano Sylvano è una prima assoluta e allo stesso tempo non lo è, perché di un work in progress non può darsi una prima assoluta. Ma anche perché i "fogli" musicali che lo costituiscono sono spesso frammenti di quanto Bussottti ha scritto in cinqunant'anni, che ricompaiono qui pressoché immutati o in nuova forma.

A quasi cinquant'anni dalla prima esecuzione, la Maria Golovin di Gian Carlo Menotti rivela aspetti insospettabilmente moderni, per l'acuta e sensibile narrazione dell'amore d'un cieco per una donna, condotta con pudore e discrezione, senza sentimentalismo e effetti melodrammatici.

Un allestimento che incuriosisce e diverte, sebbene apparentemente stravolga Rossini e il suo Signor Bruschino: in realtà legge con malizia e ironia tra le righe d'un testo che è un nonsense totale, ma che è anche pieno di velati accenni all'erotismo e alla crudelta.

Pietra di diaspro - definita dall'autore opera-video o anche immenso oratorio astratto - è andata in scena in prima assoluta a Roma e sarà ripresa nei prossimi giorni al festival di Ravenna , sempre nell'allestimento dell'Opera di Roma.

Gli interpreti e l'Accademia di Santa Cecilia, hanno voluto dedicare alla memoria di Leonard Bernstein - che fu a lungo direttore onoroario dell'orchestra romana - l'esecuzione di uno dei suoi primi successi a Broadway, la musical comedy "Wonderful Town": sono state due orette di musica brillante e ricca di idee, che non lascia però la stessa impressione di Candide e West Side Story.

Dissonanze, festival che sperimenta i rapporti tra creatività e tecnologia in campo musicale, ha offerto un'anteprima con due pezzi elettronici di Karlheinz Stochausen, tra cui una novità assoluta appositamente commissionata.

Presentata come gramde "evento", la Traviata di Zeffirelli non ha offerto, come prevedibile, nulla di memorabile, se non una cornice inutilmente sfarzosa a una esibizione della diva Gheorghiu che alternava l'ottimo e il mediocre.

Tra il 1923 di Walton e il 1932 di Poulenc, da una parte, e il 1981 di Renosto, dall'altra, i punti di contatto scarseggiano: invano il regista Tito Schipa jr cerca di crearli. Ma il bilancio dello spettacolo è comunque positivo, perché le partiture di Walton e Poulenc sono dei piccoli capolavori del primo Novecento e l'omaggio a Renosto era giusto e doveroso.