Sei / ascolti #2: Francesco Filidei

I compositori di oggi si raccontano in sei brani che hanno influenzato il loro modo di pensare e scrivere la musica

Francesco Filidei Sei Ascolti
Francesco Filidei (foto di Olivier Roller)
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Contemporanea o colta che dir si voglia, sono molti i nomi che possiamo usare per definire la musica del nostro tempo. Ma cosa si nasconde dietro quelle sonorità, spesso accusate di apparire troppo ostiche o addirittura cerebrali? Abbiamo chiesto ad alcuni compositori "di oggi" di scegliere sei brani di autori diversi che in qualche modo abbiano esercitato una particolare influenza sul loro modo di pensare e scrivere la musica.

Dopo la prima puntata dedicata a Zeno Baldi, il secondo appuntamento vede protagonista Francesco Filidei.

– Leggi le puntate precedenti di Sei / ascolti

Compositore e organista, Francesco Filidei è oggi tra i nomi italiani più in vista nel panorama internazionale. Eseguito dalle orchestre più importanti, ha conquistato alcuni tra i riconoscimenti più prestigiosi, dal Salzburg Music Forderpreistrager (2006) al Premio Abbiati (2015). Nominato Chevalier des Arts et des Lettres dal ministero della cultura francese, è Filidei è anche Consulente musicale della fondazione I Teatri di Reggio Emilia.

Dopo la sua prima opera Giordano Bruno, è tornato a occuparsi di teatro musicale con L’inondation, su commissione dell’Opéra Comique di Parigi, città in cui vive. Attualmente sta lavorando alla scrittura di un Concerto per pianoforte e orchestra e di un Requiem, quest’ultimo previsto a ottobre in prima esecuzione assoluta alla Casa da Música di Lisbona con Remix Ensemble, e il prossimo gennaio alla Philharmonie di Parigi con l’Ensemble Intercontemporain diretto da Léo Warynski. Nel frattempo, sul suo profilo Facebook pubblica una “Proesia” al giorno, mini-video per soprano solo per descrivere l’impatto psicologico della quarantena, tra l’ironico e il dissacrante, su testi di Federico Maria Sardelli.

«La scrittura – dice – è conseguenza di emozioni. C’è un impulso iniziale che ti sprona a scrivere, e spesso proviene da altre musiche, anche se non necessariamente da quelle che possono aver influenzato in modo diretto uno stile. I brani che seguono sono alcuni fra quelli che, per un motivo o un altro, hanno contribuito a provocare in me questo impulso».

– Leggi anche: L'inondation di Filidei: esercizi di melodramma 

1. “Creep”, Radiohead 

«Delle due versioni di “Creep” realizzate in studio, musicalmente preferisco questa, anche se censura il verso "you're so fucking special". Mi piace molto anche la realizzazione del videoclip: coglie perfettamente l’atmosfera. Straordinari sia Johnny Depp che la Gainsbourg».

2. “Let It Be”, The Beatles

«In prima media mi ero fissato coi Beatles e ogni settimana segnavo sul diario la mia personale classifica delle loro canzoni. Ricordo ancora quando mi avventurai a chiedere in un negozio di dischi “Lady B”: mi diedero “Let It Be”. Dubitai dell’acquisto durante tutto il tragitto verso casa».

3. Madama Butterfly, Giacomo Puccini

«Intorno ai quattordici anni mia zia Marisa mi accompagnò nel teatro tenda di fronte alle Mazzini di Pisa a vedere Madama Butterfly di Puccini, della quale ricordo solo qualche quintale di Pinkerton (in alternativa: un Pinkerton molto appesantito) a torso nudo alla fine del primo atto. Nelle settimane precedenti mi ero preparato ascoltando e riascoltando due audiocassette, seguendo i caratteri minuscoli del libretto che erano riusciti a stipare all’interno della confezione. Butterfly è stato un veleno che ha agito lentamente, ma in modo inesorabile. Dal duettone “Viene la sera” in poi, con tutte le imperfezioni dei tagli apportati nell’attuale versione (che si sentono eccome), quest’opera sprigiona un respiro che non ha eguali con il resto della produzione di Puccini. È andata a finire che scrivo opere e mi sono sposato una giapponese!».

4. Lohengrin, Salvatore Sciarrino 

«A sedici anni mi regalarono il Nerone di Mascagni. Ricordo di non aver nemmeno scartato il disco per tornare al negozio a cambiarlo con cinque vinili dalla copertina argentata della Ricordi. Fra questi c’erano La Passion selon Sade di Bussotti e Lohengrin di Sciarrino. Mi affascinò molto l’aspetto grafico di quelle musiche, e l’abilità di Sciarrino nell’ottenere quei suoni così particolari attraverso il solo impiego di strumenti tradizionali. Inoltre non riuscivo assolutamente a comprendere come il testo venisse a costruirsi. Nonostante ciò, ne rimasi folgorato all’ascolto. All’epoca scrivevo già musica da almeno quattro anni, soprattutto valzerini per le ragazzine. Il mio primo pezzo atonale invece lo regalai a un ragazzo che mi voleva picchiare, cercando così di placarlo: a tutt’oggi non capisco perché non abbia rincarato la dose come avrebbe dovuto».

5. Sinfonia n. 2 “Risurrezione”, Gustav Mahler

«Anche Mahler, come Puccini, è stato un fuoco che ha impiegato del tempo a divampare ma che da allora non si è mai spento. In Mahler rivive la storia della musica da Beethoven in poi, e la Seconda Sinfonia ti prende e ti cambia dentro. È musica che esplora nuove soluzioni, si nutre infatti di suoni che appartengono alla natura, alla vita quotidiana. Accoglie un tipo di ambiguità sonora che in qualche modo ritrovo anche nella mia musica, oltre all’organo, che è stato a lungo il mio strumento». 

6. Magnificat BWV 243a, Johann Sebastian Bach

«Premettendo che prediligo la versione in re maggiore (BWV 243) piuttosto che quella in mi bemolle (BWV 243a), arricchita com’è di alcuni brani legati alla festività del Natale, qui la direzione di Koopman mi piace molto. In linea di massima preferisco Masaaki Suzuki, ma trovo questa esecuzione riuscitissima. Di fronte a Bach si rischia, oltre a credere in Dio, di pensare che il resto della storia della musica potesse anche non essere esistita: avremmo avuto comunque tutto il necessario». 

 

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