La nazionale africano-haitiana

Tony Allen ospite ad Haiti per un progetto afro-caraibico, ora su disco

Articolo
world

A.H.E.O.
Afro-Haitian Experimental Orchestra
Glitterbeat

Un trentennio abbondante di world music nelle più assortite e rocambolesche declinazioni, a volte tentativo di fusione a freddo di corpi sonori rigidi e impermeabili, di fondo, a volte flessuose e insospettabili integrazioni di apporti diversi ci ha abituati (quasi) a tutto. Però questo sontuoso progetto che mette in conto la costituzione di un’orchestra e di un repertorio afro-haitiano non l’aveva davvero pensato nessuno. O meglio, magari certe punte dell’avant jazz erano arrivate a mettere in relazione, con il comune collante dell’afroamerica, note haitiane e timbri jazz, ma mai con l’apporto diretto dell’Africa.

La Afro-Haitian Experimental Orchestra è nata da una felice scommessa “etnologica” di Corinne Micaelli, direttrice dell’Istituto francese dell’isola caraibica. È stata lei a invitare nel’isola del voodoo il percussionista Tony Allen, cuore pulsante della strepitosa avventura dell’afrobeat nigeriano strutturato dall’indimenticabile Fela Kuti. Allen ha accettato di buon grado, già probabilmente intuendo il potenziale sonoro di quanto gli è stato chiesto: a quel punto Erol Josué, etnologo, vocalist, danzatore, sacerdote dei culti voodoo e a sua volta antropologo (!) ha aiutato Allen a riunire musicisti tratti dai migliori gruppi haitiani, quasi una “nazionale” del suono caraibico afroamericano con la memoria lunga dei giorni della schiavitù e l’anelito a ricomporre la tragedia in note d’esorcismo ad alta caratura ritmica.



Detto fatto: cinque giorni incandescenti, di fatto e per metafora, tra Allen, i suoi musicisti e gli haitiani, partendo da riff di poche note, groove implacabili che strutturavano castelli poliritmici, tocchi di elettronica con il sapore retro futuristico dell’Arkestra di Sun Ra o del krautrock sperimentale. Per fortuna giravano le bobine dei registratori, perché quando si è arrivati al concerto vero e proprio, è stato impossibile registrare. Però i nastri delle session sono finiti sotto le orecchie sapienti di Chris Eckman a Bamako, dove c’è una delle basi tattiche della Glitterbeat. Eckman ha intuito le potenzialità, e Olaf Hund, tastierista di Allen, e Allen stresso si sono messi al lavoro, scremando, aggiungendo echi ed effetti, costruendo dalle monumentali session ancora grezze un diamante inedito. Che è pura gioia all’ascolto: un assedio pacifico di note dell’Africa che ritrovano se stesse nella pulsazione caraibica. E viceversa.

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