I 10 migliori dischi del 2023 di Alessandro Rigolli

Il meglio dei dischi del 2023 secondo il giornale della musica

migliori album 2023
Accademia Bizantina (foto Giulia Papetti)
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Tra i tanti dischi che hanno accompagnato il mio 2023 – mischiando i generi, come sono solito fare – ne ho scelti 10 che mi sono rimasti nella memoria, vuoi per qualità complessiva, vuoi per originalità della proposta, vuoi infine per semplice affinità personale.

Non i migliori in assoluto («Soltanto un Sith vive di assoluti», cit.), ma dieci dischi scelti non troppo a caso tra i tanti che mi ricorderanno l’anno che sta per finire.

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1. Camille Saint-Saëns, Symphonic Poems; Le Carnaval des Animaux; L'Assassinat du Duc de Guise (Harmonia Mundi)

Gustosa raccolta di opere più o meno conosciute di Camille Saint-Saëns, questo doppio album ha il merito di presentarci la vivace varietà espressiva di questo protagonista della musica francese tra Ottocento e secolo successivo.

Un compendio al tempo tesso sintetico e originale della nutrita produzione di Saint-Saëns, restituita dalla lettura di François-Xavier Roth, alla guida del suo affiatato ensemble Les Siècles, tratteggiata con un’eleganza misurata, capace di sfrondare queste pagine da certi manierismi tra romanticismo e classicismo che sovente accompagnano la produzione dell’autore francese.

Se nel primo disco troviamo, accanto ad alcuni poemi sinfonici, il “Bacchanale” tratto dal terzo atto dell’opera Samson et Dalila del 1877, nel secondo CD, oltre alla celebre “fantasia zoologica” intitolata Carnaval des animaux (1886), incontriamo la colonna sonora in un preludio e cinque tableau che Saint-Saëns aveva composto per L'Assassinat du Duc de Guise, film francese del 1908 diretto da André Calmettes e Charles Le Bargy. Una bella scoperta.

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2. Rafał Blechacz, Chopin, (Deutsche Grammophon)

Se precedenti ascolti – anche dal vivo – mi avevano indotto a considerare la sensibilità interpretativa del pianista polacco Rafał Blechacz particolarmente affine al repertorio chopiniano, questo disco me ne ha restituito la palese conferma.

Naturalmente si tratta di un interprete che viene associato a Fryderyk Chopin fin dall’avvio della sua carriera – tra i riconoscimenti citiamo la XV edizione del Concorso Internazionale Frédéric Chopin nel 2005 e il Gilmore Artist Award del 2014 – ma in questo album Blechacz riesce a distillare un pianismo particolarmente efficace nel far emergere le nuances espressive di pagine quali la Seconda e la Terza Sonata del compositore polacco, alternate al Notturno op. 48 n. 2 e Barcarolle op. 60. Una lettura, se non proprio innovativa, sicuramente interessante e piacevolmente personale, caratteristiche che, per questo repertorio, non sono affatto scontate.

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3. Mario Brunello – Accademia dell'Annunciata, Riccardo Doni, Bach Transcriptions: Six Concertos for Violoncello Piccolo, (Arcana)

La bellezza di questa incisione emerge da un lato dall’originalità di un repertorio che, seppure fondato su una pratica antica quanto diffusa come quella rappresentata dalla “trascrizione”, ritrova in queste riletture per violoncello piccolo una rinnovata freschezza; dall’altro lato dalla verve interpretativa che Mario Brunello riesce a condividere con il brillante impasto strumentale incarnato dall’Accademia dell’Annunciata diretta con bella partecipazione da Riccardo Doni.

Come già ho avuto modo di sottolineare, il violoncello piccolo di Brunello emerge, oltre che nei passaggi più virtuosistici, soprattutto per pregnanza lirica in particolar modo in quei movimenti centrali – l’“Adagio e piano sempre” del concerto BWV 1054, il “Larghetto” del BWV 972 di matrice vivaldiana, fino al “Largo” del Concerto BWV 1056 – che permettono a questo strumento di dispiegare a pieno la sua voce strumentale al tempo stesso tesa e morbida, luminosa e calda.

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4. Ludus Gravis Ensemble/Daniele Roccato/Michele Rabbia, Terry Riley, Stefano Scodanibbio – In D (Parco della Musica)

Doppio omaggio a Terry Riley e a Stefano Scodanibbio, questo disco ha il pregio di restituirci un brano celeberrimo come quello rappresentato da In C del compositore californiano nella rilettura pregnante e vitale che Scodanibbio ha ideato nel 2010.

Declinando l’articolata struttura reiterativa originaria per un ensemble di contrabbassi e trasportando la tonalità di impianto in RE, la lettura di Scodanibbio ha arricchito questa pagina grazie a una profondità timbrica – al tempo stesso multiforme e caratteristica – che emerge in maniera efficace anche in questa versione di Daniele Roccato, che aggiunge ai dodici contrabbassi un tredicesimo utilizzato quale vero e proprio strumento a percussione da Michele Rabbia.

Se è vero che l’opera di Riley rappresenta per sua natura terreno fertile per le più diverse reinterpretazioni – tra le tante, ricordiamo l’incisione dell’European Music Project - zignorii++ del 2002 – questo disco ce ne offre una in più, e tra le più interessanti.

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5. Francesco Fiorenzani, Klondike (Honolulu Records)

Ritengo interessante questo lavoro soprattutto per la freschezza, ricercata e personale, che emerge dalla musica espressa dal chitarrista e compositore Francesco Fiorenzani, un carattere condiviso con il contrabbasso di Francesco Ponticelli, la batteria di Andrea Beninati, oltre al basso elettrico di Andrea Lombardini che appare in “Our heritage”, secondo brano dell’album.

Oltre a composizioni originali firmate dallo stesso Fiorenzani, il disco offre riletture di brani più o meno celebri, a partire dalla reinterpretazione di “Parasite” di Nick Drake, sciolta in più di sei minuti di musica nei quali l’originale viene trasfigurato attraverso una lettura molto personale e incisiva. Lo stesso vale per “Infância” di Egberto Gismonti o per “Etude C”, indagine sonora ispirata al Preludio Op.28 di Chopin. Un disco dall’immediatezza originale, insomma, che si arricchisce di rimandi letterari che vanno da Italo Calvino a Jack London.

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6. Ze in the Clouds, Oportet 475 (Tŭk Music)

È un fresco zibaldone di suoni, stili, frammenti e schegge timbrico-ritmiche questo lavoro di Ze in the Clouds (vale a dire il giovane pianista e produttore Giuseppe Vitale) pubblicato quest’anno dall’etichetta fondata da Paolo Fresu.

E proprio la tromba del musicista sardo, affiancata da Uri Caine al Fender Rhodes, è protagonista di “Fame Usque Mortem”, brano giocato tra scarti ritmici, effetti elettronici e intarsi strumentali. Un immaginario eclettico, quello di Vitale, che mescola profumi rinascimentali e passaggi improvvisativi jazz, rincorse contrappuntistiche dal sapore bachiamo e garbate aperture liriche dal gusto un poco Biedermeier.

Tra le oasi più originali troviamo i brani che coinvolgono anche LNDFK (Linda Feki) come “Buffering Proem” o “Reset defined” – posti rispettivamente in apertura e chiusura dell’album – interessanti esempi del vitale eclettismo che pervade la materia sonora racchiusa in questo disco.

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7. Bobo Stenson Trio, Sphere (ECM)

Registrato a Lugano nell’aprile del 2022 presso quell’esagono dalla felice rispondenza acustica rappresentato dall’Auditorio Stelio Molo della Radio Svizzera italiana, questo lavoro ribadisce l’affinità artistica maturata nel corso dei decenni di collaborazione tra Bobo Stenson e la casa discografica ECM.

Avviato dall’andamento riflessivo e regolare – quasi rituale – dall’iniziale “You Shall Plant a Tree” del novantunenne compositore danese Per Nørgård – brano poi ripreso e variato anche in chiusura – questo disco offre una delle sue espressioni più pregnanti in “Communion Psalm” di Sven-Erik Bäck, compositore svedese vissuto tra il 1919 e il 1994.

Una interpretazione aperta dall’estemporanea indagine sui piatti di Jon Fält e seguita da uno sviluppo timbrico indagato sulle latitudini più brunite di pianoforte e contrabbasso. Tra i vari brani troviamo “Valsette op. 40/1”, composizione di Jean Sibelius che qui prende forma quasi per gemmazione, grazie alla sequenza via via sempre più fitta e intrecciata di frammenti motivici che si susseguono nel corso dello sviluppo del brano. Un’atmosfera che riflette l’approccio libero ed estemporaneo di questo trio, descritto da Stenson come un susseguirsi di eventi musicali che si «cristallizzano sul momento».

bono stenson trio

8. Ottavio Dantone - Accademia Bizantina, Arcangelo Corelli Concerti Grossi Op. 6 (Hdb Sonus)

Va bene, Dantone va di moda, così come la “sua” Accademia Bizantina: in questo 2023 è stato pure insignito del Premio Abbiati del Disco promosso dall’Associazione Nazionale Critici Musicali per la sua incisione dei Concerti grossi op. 3 e op. 6 di Georg Friedrich Händel.

Nonostante questo, anche il presente doppio CD che raccoglie i Concerti Grossi Op. 6 di Arcangelo Corelli credo debba essere citato per l’energia che emana attraverso una lettura fresca e dinamica. Non male per pagine che, apparse grazie all’editore Estienne Roger di Amsterdam poco più di trecento anni fa, ritrovano qui una vitalità davvero coinvolgente. Pubblicati postumi – ma le prime tracce si fanno risalire già al 1709 – questi dodici concerti, tra cui il celebre ottavo più che mai in tema perché “Fatto per la notte di Natale”, ci offrono una densità e una varietà espressiva che Dantone con la sua Accademia Bizantina riescono a restituire in maniera immediata e trascinante. Un divertimento puro, da ascoltare e riascoltare.

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9. Franco D’Andrea, Bruno Tommaso, Franco Tonani, Modern Art Trio, (GleAM Records)

Questa è pura nostalgia, ma va bene così. Il disco, lo sappiamo, è stato registrato nell’aprile 1970 per l’originaria etichetta Vedette Records, ma in questo 2023 la GleAM Records ha avuto il merito – secondo me da premiare – di proporre, con questa edizione completamente rimasterizzata, la quarta la ristampa del disco Modern Art Trio di Franco D’Andrea, Bruno Tommaso e Franco Tonani, vale a dire uno dei documenti discografici più significativi del jazz italiano e non solo.

Ascoltate oggi, queste interpretazioni restituiscono integre le potenzialità di indagine e di sperimentazione originarie, capaci di miscelare un approccio improvvisativo libero ed estremo con rimandi a certa serialità di matrice eurocolta. Un documento importante, insomma.

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10. Arvo Pärt, Tractus (ECM New Series)

Questa raccolta di composizioni di Arvo Pärt – compositore estone la cui musica è in rapporto quasi simbiotico con le pubblicazioni dell’etichetta discografica fondata da Manfred Eicher fin dai tempi del suo debutto con l’album Tabula rasa del 1984 – propone diverse composizioni reinterpretate dal suono compatto e cristallino espresso dalla Tallinn Chamber Orchestra e del Coro da Camera Filarmonica Estone diretti da Tõnu Kaljuste.

Un excursus lungo un repertorio che, nelle diverse rielaborazioni, copre un periodo di circa trentacinque anni. Un percorso che, viste le imminenti – o incombenti – feste natalizie, mi piace riassumere nelle sette Greater Antiphons per orchestra d’archi, basate su Sieben Magnificat-Antiphonen, composizione del 1988 per coro a cappella: si tratta di antifone cantate nella liturgia cattolica romana durante i Vespri nei sette giorni che precedono la vigilia di Natale (per i non avvezzi: dal 17 al 23 dicembre). Con le cuffie in testa e Pärt nel lettore CD (lo so, lo so, sono antico e me ne vanto…) il Natale può suonare ancora blandamente spirituale.

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