Viaggio intorno a Nono

A Reggio Emilia la Solidarität Brigade diretta da Giovanni Mancuso per il programma Risonanze e Ideali

Giovanni Mancuso
Giovanni Mancuso
Recensione
classica
Reggio Emilia, Teatro Cavallerizza
Solidarität Brigade - Giovanni Mancuso
10 Novembre 2023

Risonanze e Ideali si chiama la serata che Solidarität Brigade, l’ensemble di musica contemporanea del Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia diretto da Giovanni Mancuso (al pianoforte) propone al Teatro Cavallerizza per il Festival Aperto.

Il programma da un lato indaga le risonanze del lavoro di Luigi Nono nelle musiche di altri che a lui hanno guardato e dall’altro le istanze politiche che ne hanno informato la prospettiva: una sorta di varieté di stili intorno alla figura del compositore veneziano e sulla sua vicinanza a certi temi sociali.

Colpisce e stordisce subito “Le Perroquet” di Stefano Bassanese, per “the pipe” e live electronics, strumento ad aria compressa con controllo numerico: un incrocio tra un tubo, un sassofono e un reperto alieno kubrickiano. Al netto del suggestivo effetto scenico (uno strumento illuminato e solitario al centro della scena, come un oggetto di scena in un’opera della Societas Raffaello Sanzio; il compositore a lato, nella penombra) l’attacco è da brividi: un suono aspro e fulminante che fa letteralmente sobbalzare i presenti e poi evolve in un enigma insinuante, sottile, maligno e per questo gravido di fascino. Una donna davanti a me in platea trasalisce a un altro attacco penetrante, quasi un agguato: buon segno, siamo nel regno del non prevedibile.

Poi questa entità minacciosa pare cristallizzarsi in un drone violento, impalpabile, rigoroso. Il suono come domanda e non come risposta, come manifestazione di un’ombra, teoria e tecnica della sparizione: perdiamo il senso del tempo durante l’esecuzione e alla fine aleggia un nesso con certi fotogrammi di 2001: Odissea nello spazio. Liminale e pericoloso, una bella scoperta.

A seguire “Quasare/Pulsare” di Olga Neuwirth, per flauto e pianoforte: veglie, agguati, radure, pulviscolo cosmico, un dettato che non suona lontano da certo Braxton. Meno convincente lo scherzo di “Balloon Music 1” di David Bedford, un pezzo del 1973 dove vengono orchestrati palloncini il cui suono, accompagnato a quello delle voci, crea un gioco che ci ricorda che, con Berio, musica è tutto quello che ascoltiamo con l’intenzione di ascoltare musica.

E proprio nel 1973 a Reggio Emilia e in alcuni paesi della provincia si tenne Musica/Realtà, manifestazione di cui si celebra quest’anno il cinquantenario: una piccola mostra nel foyer del teatro ci ricorda come da queste parti coniugare avanguardia e musica popolare e portarle al popolo nel vero senso della parola fosse pratica concreta. Sembra (è) un altro mondo, rispetto a oggi.

Lo stesso effetto di nostalgia lo fanno le “Political Songs” di Cornelius Cardew, per voce, coro e pianoforte, con frasi come “il socialismo prevarrà ovunque nel mondo”: non è andata esattamente così ma il carattere sanguigno di queste protest songs non accusa il passare del tempo.

Il programma scelto, multigenerazionale e internazionale (ma anche internazionalista, vedi “Siamo la gioventù del Vietnam” di Nono, per coro) è tutto all’insegna di una creatività che ha nell’idea che la musica possa essere una forza liberatrice un fulcro centrale. Una forza che si mette in moto insieme: ecco allora “Coming Together” di Frederic Rzewski, per voce, pianoforte, sax baritono, clarinetto basso, basso elettrico e batteria: un unisono incalzante da spy story che potrebbe ricordarci oggi un groove cinematico dei Calibro 35 che si evolve poi in una scrittura tutta di accenti spostati che invece fa pensare ai Ronin del pianista svizzero Nik Bartsch.

Il ciclo sugli ottantotto tasti pare quasi indiano nella sua sghemba circolarità, mentre la batteria punteggia in battere e i fiati intervengono mettendo gli accenti altrove, garantendo un effetto rotolante e ipnotico: non siamo nemmeno così distanti dai King Crimson di Red, a ben vedere. 

Chiude "Das Einheitsfrontlied", scritta da Bertolt Brecht  e messa in musica da Hanns Eisler nel 1935, due anni dopo l’ascesa al potere del nazismo. Dopo la convincente esibizione alla rassegna dell’anno scorso, Mancuso si conferma musicista preparato e dallo sguardo a 360°. 

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