Un’estate senese con Ligeti
Molto positivi i concerti-fil rouge, alla Chigiana, sul compositore d’origine ungherese
Nell’edizione in corso del Chigiana International Festival & Summer Academy, sempre ricco di spunti novecenteschi e non priva di novità assolute, il focus su una personalità compositiva ha inquadrato la figura di György Ligeti, fil-rouge di molti concerti e in particolare di una coppia d’appuntamenti che ha visto protagonisti esecutivi prima il Coro della Cattedrale di Siena ‘G. Chigi Saracini’, diretto da Lorenzo Donati, poi il pianista Eric Bertsch. Nell’impaginato della serata di questi, il brano ligetiano era la nota collana di bagatelle Musica recercata, strutturata in una progressione del materiale intervallare e della complessità di scrittura, con un finale omaggio contrappuntistico a Frescobaldi, che ha giustificato l’apertura con un Ricercare a Quattro Soggetti del grande ferrarese; indubbiamente ben tessuto il programma, che nella seconda parte proponeva una selezione da Játékok di György Kurtág, in un’idea diversa dell’aforisma (sottrattiva e informel, rispetto a quelle organico-costruttive di Musica recercata), per concludere con un incunabolo del genere le Bagatelle op. 126 di Beethoven, e ben interpretato – con buona duttilità – da Bertsch.
Molto atteso, e molto partecipato dal pubblico, il concerto tenuto dal Coro nella magnifica Basilica dei Servi: molto antologica la scaletta, ma per valorizzare al meglio le qualità acustiche dello spazio, poco adatte alla definizione del piano fonetico-verbale dell’emissione (anche per questo, qualcosa della pur poetica versione corale di Ich bin der elt abhanden gekommen fatta da Clytus Gottwald, direttore storico di un complesso di riferimento per la coralità contemporanea, la Schola Cantorum Stuttgart, ha perso qualcosa), e invece ottime per l’avvolgenza o i processi direzionati di proliferazione o dissipazione. Morbidezza, pulizia e suadenza sonora sono state infatti le cifre dominanti nei due bei brani di Pizzetti in apertura, col coro disposto a ventaglio semicircolare fin ai lati del pubblico per migliorare l’abbraccio acustico, e coi coristi donna-uomo alternati per potenziare l’ascolto reciproco e la fusione. Una sorpresa, l’intenso e via via abbacinante Finale del Cantico dei cantici di Daniel-Lesur, e un piacere assaporare anche l’arguzia figurale nella selezione dai Nonsense di Petrassi. Il banco di prova restavano i lavori maturi di Ligeti, il terzo (The Alphabet) dai Nonsense Madrigals a 6 voci, e il celebre Lux Aeterna a 16 voci: il primo, nella natura fasciforme del regolatore armonico, sembra un liofilizzato del secondo, ma con un’informazione ancor più rilevante sul piano fonetico (lo spelling inglese è un filtro timbrico che incanala in parallelo i procedimenti di fluida cangianza) e una condotta meno micro-contrappuntistica del capolavoro del 1966, proibitivo pure per gli attacchi rischiosissimi – in situazioni estreme e scoperte di registro, intensità, intervallo verticale. Ammirevole l’interpretazione del Coro, sempre precisa e insieme piena di respiro, come granitica e insieme elastica è stata la direzione di Lorenzo Donati: il complesso è ormai una sicurezza, prontissimo com’è nell’affrontare e risolvere in modo lusinghiero le differenti e serrate sfide che la guida artistica della Chigiana gli sottopone. Applausi generosi e meritatissimi alla fine.
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