Sintonie di Testa
Il cantautore a Lanciano con il clarinetto di Gabriele Mirabassi.
16 ottobre 2012 • 2 minuti di lettura

Sintonie Lanciano
Anche per quest’anno la rassegna internazionale Sintonie ha fatto solo scelte di “alta fedeltà”. Marco Angelucci e Remo Vinciguerra hanno ospitato a Lanciano il concerto di Gianmaria Testa e Gabriele Mirabassi. Sala bianca, strumenti in posa. Testa s’infila e la musica attacca così, con le note di “Nuovo”, ed è subito contatto. “3/4” e la città si allunga, persa sotto la nebbia: l’ingresso inaspettato di Mirabassi e del suo clarinetto schiarisce l’orizzonte e fa rivivere i profili delle cose. «C’è carinho» nell’aria. Mirabassi veste ogni arpeggio di Testa. Il racconto parte dal nuovo per tornare, nostalgico, agli anni Novanta e a una scrittura già densa. Sono gli anni di [i]Extra muros[/i] e delle sue sonorità plastiche. Quartieri emozionali dove il clarinetto strilla mentre la voce di Testa bisbiglia, onesta. Si mette in moto “L’automobile”: swinga fino all’urto e spinge ogni stop della chitarra. Bossano i fiori d’inverno, e si fa strada “Manacore”. Il vento soffia nel clarinetto di Mirabassi che ammalia e svela trame dinamiche di una bellezza rara. «Senti che vento, tormenta le vele». E ogni eco di quel vento sa di mare e di cielo. Un delirio di colori e l’urlo di Mirabassi quasi soffoca nella dolcezza di una carezza. È polvere di gesso. La poesia si fa cronaca e denuncia nell'allegoria di “20mila Leghe (in fondo al mare)”, dove le Leghe, sottolinea Testa, non sono un’unità di misura marina, ma «un’unità di dismisura terrestre». Mirabassi suona l’acqua e quello schiocco di gocce ne anima il racconto. «Avrei voluto baciarti con la forza del vento» recita a chitarra muta Testa, e l’assolo di Mirabassi è una dichiarazione d'amore. Non si disperde quella tensione mistica. “‘Na stella” e la ninna nanna di congedo, perché «soltanto i sogni non dormono mai».