Premio Parodi 2023, elettronico o acustico?

Reportage dalla sedicesima edizione del Premio Parodi, vinta da Osso Sacro

Premio Parodi 2023
Foto di Paolo Piga
Recensione
world
Cagliari, Teatro Massimo
Premio Parodi 2023
12 Ottobre 2023 - 14 Ottobre 2023

Dopo tanti anni a frequentare un festival o un Premio – fra me il Premio Parodi la storia supera ormai i dieci anni – le aspettative cambiano.

Da un lato, è sempre più difficile ritrovare lo stupore delle prime volte. Dall’altro, si guadagna in profondità, in capacità di pensiero. Si impara a mettere in prospettiva a riflettere sul lungo periodo, si capiscono meglio delle cose che prima solo si intuivano (ma forse questo avviene perché, insieme ai festival e ai premi, anche noi invecchiamo?).

– Leggi anche: Premio Parodi, world music intorno al tavolo

La storia del Premio Parodi negli ultimi sedici anni è la storia della “world music” in Italia. È anche la storia – è c’è ormai una lunga serie di riflessioni sul tema, proprio a partire dalla manifestazione sarda – di come l’etichetta “world music” si sia svuotata di senso.

E però anche di come, in fondo, continuino a esserci musicisti che si riconoscono in una certa idea di “tradizione”, che provano ad andare – riuscendoci o meno – in direzione di suoni che sentono propri perché appartengono alla loro terra, o a mondi lontani e affascinanti.

La “world music” (qualunque cosa sia) vista dal Premio Parodi, forte di uno sguardo che ormai abbraccia più di un decennio, si mostra soprattutto come oggetto in movimento, nel continuo riflusso di mode e tendenze. Nei primi anni sembrava che non potesse esserci gruppo senza un cajòn e un bouzouki. Poi – almeno secondo la mia percezione – che per fare musica energetica e “etnica” servisse almeno un basso con 5 o più corde.

Ora, negli ultimi tempi (c’è da dire, con un significativo ritardo rispetto al resto del mondo) è il momento dell’elettronica. Ne fanno un uso intelligente i vincitori di questa 16a edizione, Osso Sacro, che mescolano testi-fiume in beneventano (opera del performer e poeta Vittorio Zollo) con chitarre elettriche, elettronica (manovrate dai fratelli Carlo e Corrado Ciervo) e l’aggiunta di percussioni.

Dal vivo non tutto è a fuoco, e l'acustica del Teatro Massimo di Cagliari non aiuta. Servirebbe più “botta” sulle basse, una ritmica più presente, forse anche un po’ di spinta in più sul palco.

In ogni caso i progetti si giudicano anche da quello che fanno su disco, e allora vittoria meritatissima in un anno in cui, bisogna dirlo, è mancato l’effetto sorpresa e il colpo di fulmine. Di solito, già dal primo giorno c’è sempre un progetto che si stacca, che fa innamorare giurati e operatori. Quest’anno non è stato così, a fronte di una qualità media di tutti i partecipanti decisamente alta.

In verità, il problema di Osso Sacro, se si ascoltano le produzioni di studio (potete recuperare Urla dal confine), è quello che incontrano spesso dal vivo i progetti che incorporano l’elettronica, specie in contesti come i Premi, in cui non si riesce del tutto a “scolpire” il suono come si vorrebbe, una performance troppo statica rischia di annoiare e basta un minimo problema tecnico per annacquare il tutto. 

Sono incorsi in intoppi di questo tipo i Ra di Spina, trio di voci più elettronica da varie zone del Sud Italia. “Madonna quant’è jirti stu palazzo” avrebbe meritato più fortuna. Nella versione prodotta e registrata, ascoltata in fase di selezione, era stato – questo sì – un colpo di fulmine. 

Foto di Paolo Piga
Foto di Paolo Piga

L’altra grande moda degli ultimi anni (ma qui, invece, il ritardo è di oltre un decennio) è quella della loop station. Complice un mercato del live piuttosto asfittico, molti musicisti e musiciste di area folk-world la stanno incorporando nel proprio set.

Al Parodi l’hanno utilizzata la spagnola Looping Greis e la campana Hiram Salsano. La prima (che ha ricevuto la menzione dei giovani in sala) mostra grande familiarità con il mezzo, nel costruire in tempo reale un arrangiamento di voci e body percussion con una certa originalità – ma che comunque, ed è questo il problema di certi usi della loop station, rimane piuttosto statico. La seconda, pure, è molto più interessante quando sceglie di non usare i loop e si limita a cantare da sola: è lì che viene fuori la sua cifra. Gli ottimi presupposti dell’album Bucolica (ne avevamo parlato qui) vengono dunque solo in parte confermati dal vivo, complici anche gli arrangiamenti un po’ statici (in ogni caso, Hiram Salsano è piaciuta, e la giuria internazionale le ha attribuito la sua menzione).

Sul fronte della canzone, ha convinto la proposta dei siciliani Curamunì (premio alla miglior musica per “Semu”). Siamo in area folk acustico, con intrecci di corde (chitarre e ukulele) e voci armonizzate; e quella del salernitano Guido Maria Grillo (menzione per la miglior cover di un pezzo di Andrea Parodi), dotato di una splendida voce, un po’ alla Jeff Buckley (e non fa nulla per mascherare la filiazione). I Trillanti, dal Lazio, hanno presentato “Evado” invece in ampia formazione con corde e voci (bella la pasta, quando cantano tutti insieme). 

Alla fine, fra tante loop station e arrangiamenti, ha ottenuto la sua vittoria personale (premio della giuria critica) il cantautore sardo Andrea Andrillo: bella voce, una canzone-haiku (“Sa noti de is animas”) accompagnata alla chitarra, e poco più. Vale sempre il vecchio adagio, secondo cui a volte less is more – anche nella world music (qualunque cosa essa sia).

premio parodi 2023
Foto di Paolo Piga

A margine, come sempre, gli ospiti: un torrenzale Peppe Voltarelli, il giovanissimo organettista Giacomo Vardeu (da tenere d’occhio: non ha ancora 18 anni), la sempre sontuosa Fausta Vetere (con l’ottimo Umberto Maisto alla chitarra classica, i vincitori dello scorso anno Ual-la! e Paolo Angeli. Quest’ultimo ha ricevuto il Premio Albo d’Oro, e nel corso di un incontro mattutino ha spiegato il funzionamento della sua “chitarra sarda preparata”, sempre più strumento totale.

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