Premio Parodi, world music intorno al tavolo

I Ual-la! vincono una bella edizione, la quindicesima del Premio Parodi di Cagliari

Ualla
Ual-la! (foto Guido Vadilonga)
Recensione
world
Cagliari, Teatro del Conservatorio
Premio Parodi 2022
13 Ottobre 2022 - 15 Ottobre 2022

Quella di quest’anno è stata la quindicesima edizione del Premio Parodi. Non serve però il numero tondo per lanciarsi in bilanci e riflessioni, dato che nella rassegna cagliaritana sembra essersi incorporata fin da subito la tendenza a riflettere sul proprio oggetto – la world music – in occasioni ufficiali (le annuali tavole rotonde) e informali (ovvero, intorno ad altri tipi di tavole che rappresentano una cifra distintiva del Parodi, festival ma anche occasione conviviale di incontrarsi con colleghi e addetti ai lavori).

– Leggi anche: La world music come musica normalissima

Oggi più di ieri, però, la riflessione è innescata dal sospetto che la world music come genere sia ormai inevitabilmente fuori moda. È fuori moda perché ci sono sempre meno festival che se ne occupano (o viceversa. Siccome è fuori moda, meno festival se ne occupano: invertendo il rapporto di causalità il risultato non cambia). È fuori moda perché i soldi pubblici (almeno in Italia) finiscono più facilmente altrove, o semplicemente perché le mode cambiano e si scopre che album come Creuza de mä sono invecchiati molto peggio dei loro “antagonisti” degli anni ottanta, tutti batterie elettroniche e sequencer (ascoltatevi oggi i dischi dei Matia Bazar, di Battiato, o il Dalla di Viaggi organizzati se volete una prova).

Ma è fuori moda anche perché quello che una volta era periferia di un’industria musicale accentratrice e rigorosamente anglofona ora può farsi centro ed emergere senza bisogno di paternalistici patentini di “autenticità” da parte di un qualche "primo mondo". Basta pensare, per restare al mainstream, a personaggi come Rosalìa o Stromae, autori di alcuni dei dischi più esaltanti degli ultimi tempi. Gli ingredienti “world” ci sono, ma ha senso parlare di world music se manca di tutto la ricerca dell’esotico, dell’etnico-a-tutti-i-costi? Se quell’elemento è ormai normalizzato al punto da non essere più alieno?

Dopo il Premio Parodi dell’anno scorso riflettevo su queste pagine che quella chiamavamo “world music” potrebbe oggi essere semplicemente la musica “normale” dei musicisti le cui storie di vita, in un mondo sempre più collegato, si dipanano in luoghi diversi e parlano lingue differenti. Insomma, che più che alla “world music” dovremmo dedicarci ai world musicians, perché di essi è il regno delle musiche che saranno.

L’edizione 2022 del Premio Parodi – un’ottima edizione, con un livello altissimo dei partecipanti – ha confermato queste impressioni e si colloca in una tendenza che – mi pare – sta emergendo più chiaramente dopo la pandemia. Le mie impressioni sono rafforzate anche dall’aver preso parte alle preselezioni, in cui si sono ridotte le centinaia di proposte arrivate alla Fondazione Parodi a soli 8 finalisti. Gruppi più piccoli e più minimali – non è più tempo di carrozzoni con tripli percussionisti, superati oltre che dalla storia anche dall’economia – e poco interesse nell’essere “etnici” a tutti i costi. Si fa la musica che si vuole, che spesso racconta dei propri percorsi e incontri.

Il premio di quest’anno – insieme al premio della giuria critica e ad alcune menzioni – è andato con pieno merito ai Ual-La!, duo composto da Alba Rubió e Modesto Lai, dalla Catalogna (ma come suggerisce il cognome, il secondo è di origini sarde da parte di padre). Dicono di fare “table music”, e in effetti si esibiscono intorno a un tavolino che usano come unico elemento scenico e percussione, mescolando le voci con soluzioni virtuosistiche.

Il punto in più, rispetto a progetti analoghi che lavorano con voci e percussioni, sta però nel gusto con cui questo avviene, e nella capacità di scrittura: nelle preselezioni sono stati scelti sulla base del solo suono, senza che nessuno di noi avesse idea dell’aspetto visuale e teatrale del progetto. “Bossa de bolsas”, il brano vincitore, è una canzone fantastica, un rocambolesco catalogo di polimeri della plastica che vorremmo inno di ogni manifestazione ecologista

Al Premio Parodi la seconda serata è dedicata alle reinterpretazioni di brani del repertorio di Andrea Parodi. E come spesso accade, è la serata in cui i nodi vengono al pettine e si riesce a cogliere il valore reale di un progetto: i Ual-la! hanno stravinto anche in quello, portando una versione di “Temporadas” – da Rosa Resolza – strepitosa.

Dietro Ual-la!, il pubblico e gli addetti ai lavori hanno potuto scoprire voci e progetti molto interessanti, alcuni dei quali sicuramente da rivedere nei prossimi anni. Particolarmente affascinante il duo Escarteen Sisters, due giovani sorelle spagnole a violoncello, viola e voci, interpreti di un folk-pop etereo, che restituisce suggestioni minimaliste alla Penguin Cafè Orchestra, o alla Joanna Newsom. Meritate le menzioni per la miglior interpretazione e il miglior arrangiamento. La loro “Asteroid in the Void”, cantata in inglese, era anche la miglior canzone fra quelle ascoltate, almeno avendo come parametro la forma-canzone più pop.

Molto apprezzato anche il terzo progetto spagnolo in gara (sì, era l’anno della Spagna), quello di Raquel Kurpershoek – il cui cognome rivela origini olandesi: è in effetti nata ad Amsterdam nel 1998 da madre andalusa, sempre a proposito di world musicians. Propone un flamenco-canzone apprezzabile soprattutto per il contegno e il raffinato distacco con cui approccia i testi, senza nessun birignao o facile effetto. Si aggiudica il premio della giuria internazionale, e la menzione per la migliore musica.

La menzione per il miglior testo è invece andata ai sardi Balentia, formazione rap in limba fra le più accreditate dell’isola, attiva da quasi trent’anni. Al Parodi si sono presentati con un set live (basso, batteria e tastiere) e uno stile old school italiano di buon impatto.

Da Torino arrivano invece i Folkatomic, e come molti torinesi rivelano nella musica che fanno origini e frequentazioni a sud di Roma. Propongono un folk meridionale senza particolare distinzione regionale, filtrato attraverso l’elettronica di un producer (Daniele Li Bassi) che ricorda – forse inconsapevolmente – alcune cose pugliesi venute fuori alla fine degli anni novanta (tipo Mascarimirì). Non è probabilmente il palco del teatro del Conservatorio di Cagliari, con la platea tutta seduta e un’acustica architettata per altri generi, il contesto ideale per chi vuole far ballare. Ballo a parte, la cifra del progetto e del suono si apprezza decisamente meglio ascoltando il loro disco Polaris, uscito nel 2022 per ItalySona.

Un discorso in parte simile può applicarsi a Walter Laureti, giovane sound designer romano il cui valore emerge meglio nella dimensione della produzione che in quella del live, per giunta sul formato-canzone come avviene al Parodi. Più che “La Madonna del mare”, il brano in gara, mi sembra che l'indubbia qualità del progetto venga fuori quando rielabora campioni, voci e field recordings nella direzione di una ambient “folktronica” molto suggestiva, come nella emozionante “La ninna”, ascoltata anche a Cagliari e inclusa nel suo EP Ode.

Completano il quadro dei finalisti due progetti dalla Sicilia. Antonio Smiriglia è un cantautore dalla bella voce espressiva: lo dimostra anche alle prese con “Stabat”, in cui deve confrontarsi con il difficile modello di Andrea Parodi.

I Beija Flor propongono invece begli impasti vocali su atmosfere folk rarefatte, poco siciliane a dispetto della lingua scelta: ancora un po’ acerbi in alcune scelte di arrangiamento, avranno modo di crescere.

Completano il cartellone, come di consueto, gli ospiti: Tosca, interprete di un set acustico insieme al cantante portoghese Tiago Nacarato; il Canzoniere Grecanico Salentino, che riesce nella non facile impresa di far alzare in piedi un pezzo del teatro per ballare; il vincitore dell’anno scorso Matteo Leone; e il Cuncordu e tenore de Orosei, vincitori del Premio Albo d’Oro 2022. 

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