Metamorfosi di Salome

Il nuovo allestimento di Christof Loy dell’opera di Richard Strauss alla Finnish National Opera diffuso in streaming da Arte in italiano

"Salome" (foto Heikki Tuuli)
"Salome" (foto Heikki Tuuli)
Recensione
classica
Helsinki, Finnish National Opera
Salome
18 Marzo 2022 - 23 Aprile 2022

E se Salome fosse un uomo? O magari fosse nato uomo e diventasse donna? Ben deciso a cercare nuovi punti di vista per raccontare una storia di traumi sessuali vecchia di oltre un secolo, nella sua nuova Salome allestita a Helsinki il regista Christof Loy mette da parte Richard Strauss e recupera Oscar Wilde e la questione “gender”. Dice il regista: “Il mio obiettivo era quello di liberare Salome dal cliché di Lolita, la femme fatale di fine secolo, e di vedere in lei piuttosto una colomba che si è allontanata, come la descrive Narraboth. Salome ci porta in un viaggio che mette in discussione genere e sessualità: inizialmente è vestita da giovane uomo, forse per proteggersi, forse per scherzo. Oscar Wilde meets Virginia Woolf.”

Dunque niente decadenti orientalismi fin de siècle e niente (o quasi) atmosfere morbose. Lo spazio scenico pensato da Johannes Leiacker è un grande salone semicircolare, spoglio, con due grandi porte ai lati. Simili scelte rigorose per i costumi di Robby Duiveman: completo nero e camicia bianca per tutti, Salome compresa, almeno all’inizio dello spettacolo prima che indossi un abito da sera femminile una volta compiuta la metamorfosi. Come l’Orlando di Virginia Woolf, la Salome di Loy è il racconto dell’emancipazione di Salome da un universo maschile a donna e seduttrice. In contrasto, si assiste alla parallela regressione di Jochanaan: da agitatore antisistema, un reietto vestito solo della sua nudità, alla sua integrazione in completo nero e camicia bianca nella società maschile di un Erode particolarmente lascivo e voglioso. Il lungo monologo di gusto necrofilo di Salome sulla testa mozzata di Jochanaan nella visione di Loy diventa una più convenzionale scena di seduzione, alla fine della quale Salome abbandona la scena con l’amante Jochanaan, mentre l’ordine di Erode resta verosimilmente ineseguito, quasi un segno di estrema impotenza.

"Salome" (foto Heikki Tuuli)
"Salome" (foto Heikki Tuuli)

Negli spettacoli di Christof Loy, e particolarmente nei più recenti, c’è sempre un certo esibito manierismo, quando non sconfina nell’autocompiacimento, che trapela dalle studiatissime composizioni di corpi sul palcoscenico. Questa sua nuova Salome, registrata lo scorso 7 aprile all’Opera Nazionale Finlandese e riproposta in streaming da Arte in italiano, è solo la più recente conferma di questo metodo. Ma la conclamata originalità di sguardo e qualche inoffensiva provocazione in questa Salome suscitano più di un sospetto che l’eleganza della confezione mascheri bene una concezione drammaturgicamente esile e una realizzazione non completamente risolta.

Anche le scelte del cast vocale per questa produzione finlandese sembrano soprattutto ispirate da scelte di palcoscenico più che da logiche strettamente musicali. La biondissima protagonista Vida Miknevičiūtė aderisce perfettamente all’idea di una Salome androgina ma sul piano vocale si impone soprattutto per la solidissima tempra più che per la varietà di fraseggio. Non è così invece per Andrew Foster-Williams, che non sembra avere il peso vocale ma nemmeno la presenza adeguati al ruolo di Jochanaan (e si salva solo grazie alla visione borghese di Loy). Solitamente riservato a tenori a fine carriera, come Erode Nikolai Schukoff è una presenza vigorosa non solo vocalmente e aderente all’idea registica che lo vuole sinistramente lubrico e spogliato degli abituali tratti caricaturali. Piuttosto sottotono la Erodiade di Karin Lovelius, mentre è di grande spessore musicale la prova di Mihails Čuļpajevs come Narraboth, che in questa produzione sopravvive (o resuscita) al proprio suicidio per passione. Di buona tenuta il resto del cast, che non brilla comunque per qualità individuali.

Buona la prova dell’Orchestra della Finnish National Opera diretta da Hannu Lintu senza grandi slanci ma con grade precisione e pulizia sonora. Peccato per la ripresa del suono, che tende a penalizzare il suono orchestrale a tutto vantaggio del rilievo dato alle voci. Dopotutto la vera natura del compositore Richard Strauss si ritrova soprattutto nella sua orchestra.

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