Lo splendore sonoro del Mahler di Daniel Harding

A S. Cecilia la seconda tappa dell’integrale delle sinfonie mahleriane, abbinata a un nuovo brano di Scaccaglia

Daniel Harding
Daniel Harding
Recensione
classica
Roma, Parco della Musica, Sala Santa Cecilia
Gustav Mahler e Enrico Scaccaglia
05 Giugno 2025 - 07 Giugno 2025

Daniel Harding ha debuttato sul podio dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia ad appena ventidue anni (!) nel 1997. Poi è tornato sporadicamente ma è nel 2016 che con la Sinfonia n. 2 “Resurrezione” di Mahler si è stabilito tra il direttore di Oxford e l’orchestra e il pubblico di Roma il feeling che avrebbe poi portato alla sua nomina a direttore musicale. Dopo nove anni il ricordo di quell’esecuzione è ancora abbastanza vivo da permettere di fare un raffronto con quella di questi giorni - che rientra nel progetto pluriennale di esecuzione di tutte le sinfonie di Mahler - e di constatare che non molto è cambiato. Ma qualcosa sì. Oggi Harding ha un controllo ancor più impressionante dell’orchestra e l’orchestra a sua volta è ancora più affidabile e capace di rispondergli come un sol uomo, cosicché vengono esaltati ancora più di prima i contrapposti estremi dell’orchestra mahleriana, con risultati meravigliosi: pianissimi immateriali eppure presenti e vividi, fortissimi di potenza terrificante ma perfettamente controllati, tanto che anche in quel mare di decibel si percepisce chiaramente ogni minimo dettaglio e ogni singolo timbro dell’orchestra. Sono spesso fortissimi apocalittici ma anche se sono esultanti e trionfali, come nel finale quando si canta “risorgerai, sì risorgerai”, non riescono a mascherare che sotto l’effimera certezza si cela un fondo oscuro di disperazione e impotenza.

Ma Harding si mantiene sempre obiettivo, imparziale, senza suggerire una sua soggettiva interpretazione e lasciando che sia la musica a parlare e che ogni singolo ascoltatore lasci vibrare quella musica dentro di sé e ne dia una propria interpretazione. Questo può essere un pregio ma anche un limite di un’esecuzione che rischia di diventare uno scrigno scrigno di gemme sonore e non un’esperienza che tocca nel profondo dell’anima. Non è un caso che i momenti più emozionanti e sinceri finiscano per essere quelli in cui l’abbacinante splendore lascia il passo a una dimessa semplicità, come nel quarto movimento, quando il contralto intona il Lied “O rosellina rossa” su una poesia di origine popolare della raccolta “Il corno magico del fanciullo”. Lo ha cantato Sasha Cooke nel modo più semplice possibile ma con una interna profonda emozione che si effondeva nell’intera sala e catturava ogni ascoltatore. Meritano un elogio anche il soprano Hanna-Elisabeth Müller e il coro, che dopo un paio di prestazioni deludenti è tornato a convincere pienamente. Superlativa la prestazione dell’orchestra, certamente non inficiata da due o tre momenti in cui si è colto un singolo strumento non perfettamente al suo posto (ma sinceramente non si può escludere che nei “tutti” più fragorosi si nascondesse qualche altra nota in libertà). 

Alla fine della sinfonia Harding è rimasto con le braccia alzate e immobili, come a chiedere una pausa di silenzio e raccoglimento, ma il pubblico non è riuscito a trattenersi ed è scoppiato in applausi fragorosi e prolungati.

Il concerto aveva un altro motivo d’interesse nella prima esecuzione assoluta di Il carro del tempo, brano commissionato dall’Accademia di Santa Cecilia al trentaseienne parmigiano Enrico Scaccaglia, come previsto dal Concorso internazionale di composizione “Luciano Berio”, che Scaccaglia si è aggiudicato nel 2022. È un brano per grande orchestra, basato su cellule musicali di poche note che ritornano continuamente, trasformandosi e sovrapponendosi, creando così un mondo sonoro delicato, cangiante, inafferrabile, che quattro volte si è sgretolato e crollato per l’impatto con sonorità contrapposte, violente e aggressive. Questo poteva ricordare (ma era solo una coincidenza) i bruschi passaggi senza transizione da un tema a un altro completamente contrastante, frequenti in Mahler e particolarmente nella sua seconda sinfonia. Indubbiamente Scaccaglia è un compositore interessante, da seguire con attenzione. Ed è stato capace di conquistare il pubblico, che l’ha applaudito con convinzione, smentendo la presunta preclusione preconcetta nei confronti della musica contemporanea. 

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