La tournée europea dell’addio di Pappano

Dopo Vienna e Monaco, fa tappa a Francoforte sul Meno la tournée dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, l’ultima guidata dal suo attuale direttore musicale

Antonio Pappano, Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia (foto Salar Baygan)
Antonio Pappano, Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia (foto Salar Baygan)
Recensione
classica
Francoforte sul Meno, Alte Oper
Concerto dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia
27 Gennaio 2023

È cominciata da Vienna la tournée dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia guidata da Antonio Pappano, l’ultima nella sua funzione di direttore musicale che lascerà la prossima estate a compimento della diciottesima stagione.

Dopo le tappe di Vienna e Monaco di Baviera, l’orchestra arriva a Francoforte sul Meno nella Sala grande dell’Alte Oper, purtroppo con molti vuoti fra i suoi circa 2500 posti, ennesima riprova che le ferite lasciate dalla pandemia non sono ancora del tutto rimarginate. Assenze che non si possono certo imputare al prestigio di cui godono l’orchestra romana e il suo direttore in Europa né a un programma accattivante, che presenta lavori sinfonici di tre figure chiave della produzione musicale fra XIX e XX secolo composti nei primi decenni del secolo scorso e legati fra loro dal comune sguardo rivolto al passato ma anche aperto alle molte suggestioni dei fermenti culturali dell’epoca.

Apre la serata una scintillante esecuzione della Sinfonia classica di Sergej Prokof’ev, vero miracolo di equilibrio malgrado sia il frutto di tempi scossi dal crollo di equilibri politici e sociali nel bagno di sangue della Prima guerra mondiale e nei massacri della rivoluzione bolscevica nella natia Russia. Il modello è l’Haydn delle Sinfonie ma resta solo come idea e come forma dichiarata, stravolta tuttavia nei complessi ritmi sovrapposti e nei bruschi cambi di tonalità. Pur senza sacrificare il fresco vitalismo che anima la composizione di Prokof’ev, nella lettura di Pappano sembra di cogliere un lieve filo di malinconia soprattutto nelle pagine meno movimentate come nel Larghetto del secondo movimento e ancora di più nella Gavotta del terzo, cesellata come un prezioso gioiello Biedermeier.

Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia (foto Salar Baygan)
Antonio Pappano, Seong-Jin Cho, Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia (foto Salar Baygan)

Pezzo forte della serata è il Concerto per pianoforte e orchestra in sol maggiore di Maurice Ravel, “divertissement” che affonda le radici della propria ispirazione nel classicismo viennese tutto eleganza e bellezza classica di Wolfgang Amadeus Mozart ma rivitalizzata dai frenetici ritmi della nuova musica del primo quarto del XX secolo. Nel concerto di Francoforte vedeva la presenza come solista di Seong-Jin Cho al posto di Víkingur Ólafsson presente nelle altre date della tournée. Balzato all’attenzione internazionale nel 2015 dopo la vittoria al Concorso Chopin di Varsavia, il giovane pianista coreano impressiona per il ferreo controllo della tecnica pianistica e la straordinaria varietà cromatica che esibisce nel folgorante “Allegramente” che apre il concerto e nel trascinante “Presto” del movimento finale. Convince meno, invece, nell’“Adagio assai” del movimento centrale, nel quale la tecnica lascia spazio a una calma siderale ispirata al Quintetto per clarinetto di Mozart faticosamente cercata dal compositore, mancando della sublime profondità conquistata a fatica dall’autore, come scrisse nel suo diario: “... questa melodia fluente! Come ho lottato per ottenerlo, battuta dopo battuta! Mi ha quasi ucciso”. Se qui Pappano fa un passo indietro e lascia il pianista solo (o quasi) a guidare le danze, va comunque sottolineata la sua cura nel far risaltare lo straordinario colorismo orchestrale che la sapienza compositiva di Ravel riesce sempre a regalare. Esecuzione premiata da calorosi applausi al solista che ricambia con l’aria e variazioni “The Harmonious Blacksmith” dalla Suite n. 5 in mi maggiore di Georg Friedrich Händel, che conferma, se vi fossero ancora dei dubbi, la sua solidissima tecnica pianistica.

Come la Sinfonia classica di Prokof’ev, anche la Sinfonia n. 5 di Jean Sibelius nasce negli anni della Grande Guerra (la prima versione viene presentata nel 1915) ma l’atteggiamento del compositore è piuttosto quello di fuggire dagli orrori del tempo per trovare rifugio e sollievo nella natura. Il risultato è tuttavia tutt’altro che contemplazione estatica in questa sinfonia costruita su forze dinamiche interne in continuo movimento che pulsano della vita e delle forme che animano la natura. Del Sibelius di Pappano colpisce soprattutto il colore declinato in autentica poesia del suono. Il successo è pieno e senza riserve e l’orchestra con il suo direttore si congeda con un toccante fuori programma dalle Variazioni di Elgar, la Nimrod.

La tournée dell’addio prosegue a Essen, Amburgo, Lussemburgo e Parigi.

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