Il virtuosismo di Caroli

Napoli: versatile concerto del flautista

Recensione
classica
Chiesa Luterana Napoli
29 Ottobre 2015
Mario Caroli è un flautista diverso da tutti gli altri. Lui riesce ad esercitare un controllo totale sul suo strumento, dote rara da riscontrare non solo tra i flautisti, ma tra i solisti in generale. In programma per questo concerto un ventaglio di quegli autori che hanno arricchito di spessore e dignità il repertorio per questo strumento. Il pubblico viene introdotto nelle atmosfere del concerto dolcemente, con la “Sicilienne”, op. 78 di Fauré, composizione tratta da Pelléas et Mellisande e originale per violoncello e pianoforte, ma entrata a pieno titolo nelle opere per il flauto che si presta a sonorità così amene. I primi arpeggi del pianista, Aniello Iaccarino, ispirano Caroli per un attacco in levare piuttosto corposo, dolce ma non piano, come agogicamente indicato dall’autore, e subito un legato da manuale che esalta i cromatismi; suono ampio, a tratti troppo – ma l’acustica della Chiesa di Via Carlo Poerio non aiuta questi strumenti - nella modulazione in maggiore, mesto e mistico il pianissimo del finale, con timbro quasi ligneo. Il pubblico è pronto per ascoltare musica poetica: “Introduzione, Tema e Variazioni” op. 160, D.802 tratte dallo stesso Schubert dal diciottesimo lied, “Trockne Blumen”, della sua raccolta “Die Schöne Müllerin”, per il flautista F. Bogner, marito di Barbara Fröhlich, amica del compositore, contralto e pittrice. L’opera è esemplare unico che l’autore ha dedicato a questo organico, un capolavoro diverso da quanto scritto fino ad allora, e anche dopo, per il flauto, di virtuosismo puro. Prova ardua per il pianista, che stavolta non è assiduo garante per il flauto, migliorando di poco nella seconda parte del concerto. Caroli guida esperto in questo viaggio, senza limiti né tecnici, né sonori, ma spesso i volumi in pianissimi e fortissimi sono un po’ estremi. Il testo di “Fiori appassiti” racconta di un mugnaio, del suo amore triste e amaro, del suo mulino, di un ruscello e dello scorrere delle sue acque e del tempo. E Caroli narra tutto questo con il suo flauto, solenne nel ritmo puntato che caratterizza il tema, ora con lacrime di suono per un amore tradito, ora con guizzi di semibiscrome inafferrabili per lo scorrere dell’acqua. Per il secondo tempo del concerto il programma si muove cronologicamente sulla scia della grande musica e del grande virtuosismo. Il “Concertino” op. 45 di Duvernoy - autore francese di fine ‘800 - introdotto da una climax ascendente di volatine dall’atmosfera debussiana, approda in una melodia serafica e romantica: cambia la tavolozza timbrica di Caroli che, raffinato, fa suonare il cuore, alternando con grande padronanza tecnica momenti allegri che non trascurano nessuna chiave del flauto, tra trilli acuti e scale brillanti, per confluire in un finale esplosivo. Più riflessiva e di ispirazione impressionistica la “Première Sonate” di Philippe Gaubert, flautista prima che compositore. Tre movimenti impegnativi, anche per il pianoforte, e con picchi di sublime interpretazione da parte di Caroli: continui cambiamenti di tempo, di andamento, di carattere, ampi fraseggi, pagine quasi lunatiche che hanno permesso al flautista di esprimersi in repentini salti espressivi. In conclusione l’energica, a tratti drammatica “Ballade” di Frank Martin, autore poco frequentato nelle grandi sale ma geniale. Suono pastoso, corposo, tecnica impeccabile, acuti energici. Ascoltando Caroli – e anche osservandolo suonare – si ha la sensazione che il flauto diventi estensione del suo corpo, amplificatore della sua voce, riflesso di ogni suo pensiero e volontà. O addirittura che il flauto stesso si serva di lui per raccontarsi. Tante emozioni trasmesse con successo al pubblico che entusiasta chiede il bis che Caroli, per l’occasione, aveva preparato con un suo allievo napoletano, Catello Coppola: “Maya” di Ian Clarke - flautista e compositore inglese contemporaneo – brano per due flauti e pianoforte di atmosfere estremo-orientali. La stagione della Comunità Evangelica Luterana di Napoli colpisce perché ha storia - ormai ventennale - poesia e anima.

Interpreti: Mario Caroli flauto, Aniello Iaccarino pianoforte

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