Il suono di Lehman

A Mira il trio del sassofonista newyorkese, che si conferma figura di spicco del jazz di oggi

Recensione
jazz
Jazz a Mira Mira
16 Marzo 2013
Torna JAM - Jazz a Mira, con un nutrito calendario: concerti di gruppi italiani e americani, mostre fotografiche, dibattiti sul futuro del jazz. Ottima l'organizzazione di Keptorchestra e della Scuola di Musica Thelonious Monk, e ottima l'idea di invitare in esclusiva triveneta il trio di Steve Lehman, sassofonista e compositore ormai imprescindibile per scrutare l'orizzonte sempre in movimento del suono newyorkese. Dopo l'exploit in ottetto, anche con questo organico più raccolto Lehman dimostra un'assoluta padronanza della leadership e idee chiarissime sulla concezione del trio senza pianoforte. Volendo indicare in Rollins il padre fondatore di questa pratica, troviamo qui un percorso agli antipodi. Poco spazio per un suono carnale e allusivo, per l'andamento palpitante della ballad: in comune con quell'esempio storico può esserci l'interesse per l'improvvisazione tematica, che Lehman però svolge a partire da una grammatica principalmente ritmica e con fraseggi logico-matematici. Di scuola più concettuale (allievo sì di Jackie McLean, ma anche di Braxton, e influenzato da vicino da Steve Coleman), Lehman è bravo nel bilanciare questa sua inclinazione con un abbandono lirico che si sviluppa via via nel corso del set, stimolato da una sezione ritmica imperiale: Matt Brewer meraviglioso al contrabbasso e Demion Reid prestigiatore alla batteria, infaticabile inventore di figure sia di suggerimento che di risoluzione solistica. Significativi infatti, come anelli di congiunzione con la tradizione, i temi altrui da rielaborare: “Moment's Notice” di Coltrane, “Jeannine” di Duke Pearson, una deliziosa “Pure Imagination” (dalla colonna sonora di [i]Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato[/i]) fino alla “Humpty Dumpty” di Corea. Il resto era pescato dall'album [i]Dialect Fluorescent[/i], esempio di granitica lucidità progettuale, che dal vivo acquista un calore molto più intenso. Lehman è solista impeccabile, dalla velocità zigzagante, con un suono diafano dal vibrato solo accennato. Vi è in lui un compendio di pensiero che va da Parker a Konitz a Steve Coleman. Pensiamo sarà una figura centrale nei prossimi anni.

Interpreti: Steve Lehman, sax contralto; Matt Brewer, contrabbasso; Demion Reid, batteria

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

jazz

Bel successo di pubblico per la prima edizione dello storico festival diretta da Joe Lovano

jazz

Applausi al teatro Bonci di Cesena per il debutto della suite Psycho-Chambers (Prisms #1 #2 #3) della Exploding Star Orchestra

jazz

Rob Mazurek, Fabrizio Puglisi e l'Orchestra Creativa del Conservatorio Frescobaldi di Ferrara in concerto a Bologna