Il folk è pop

Noah and The Whale, da Londra al Tunnel di Milano.

GD

29 settembre 2011 • 2 minuti di lettura

Foto Valentina Villa
Foto Valentina Villa

Comcerto Milano

Giovanni Battista Sammartini è uno dei pochi musicisti milanesi, per nascita e formazione, di cui è possibile leggere lunghe note biografiche nei manuali di storia della musica. Fu un celebre organista e marginalmente operista, ma viene spesso ricordato come figura di riferimento (e insegnante in alcuni casi) per altri compositori dell’epoca: Gluck, Johann Christian Bach, Boccherini e il Mozart adolescente in visita a Milano. Sarà con ogni probabilità un caso, ma il Tunnel – storico live club milanese, autentica culla della scena alternative italiana degli anni Novanta, chiuso agli inizi degli anni Zero e riaperto nuovamente da qualche stagione – si trova al numero 30 della via intitolata a Sammartini. E come il compositore nato circa tre secoli fa potrebbe (dovrebbe?) tornare ad essere un punto di riferimento per la musica a Milano, grazie alla capienza perfetta, l’ottimo impianto audio e la programmazione dei concerti. E nonostante il caldo apocalittico di ieri sera. Chissà quanto avranno sofferto i Noah and the Whale, nei loro completi eleganti, giacca, panciotto e cravatta! Il gruppo londinese, già al terzo disco nonostante i pochi anni di attività, ha fatto sold out e ha trovato un pubblico molto preparato e caloroso. Il concerto è filato via liscio, con il violino un po’ penalizzato nel mix a dar colori acustici a quella che è di fatto una rock band ambiziosa, con i brani del nuovo disco uscito sei mesi fa “Last Night on Earth” che puntano decisamente ad arene ben più vaste del seppur gremito Tunnel milanese. Con una scaletta incalzante e quasi danzereccia, i Noah and the Whale sono - dopo i Mumford and Sons – un altro ottimo prodotto della scena folk londinese, che colora di retrogusti popolari canzoni di un pop cristallino. Per i miei gusti è tutto fin troppo perfetto, le aperture dei ritornelli, i cori, la cassa in quattro, il songwriting. Ecco, il leader Charlie Fink non mi pare un fuoriclasse del calibro di un Chris Martin o di un Noel Gallagher. Ma la band funziona, altroché se funziona. E il tempo è senz’altro dalla loro parte.