I primi vent’anni dell’Accademia dei Cameristi

Inaugurazione a Bari con Alessandro Carbonare e il Quartetto Adorno 

Alessandro Carbonare e il Quartetto Adorno
Alessandro Carbonare e il Quartetto Adorno
Recensione
classica
Bari, Auditorium della Vallisa
Accademia dei Cameristi
06 Novembre 2018

I mecenati esistono ancora e Mariarita Alfino, docente di pianoforte del Consevatorio di Bari oggi in pensione, è una di questi. Allieva di Vincenzo Vitale e formatasi alla Julliard School, questa pianista di talento a un certo punto è costretta a lasciare il mondo dei concerti per un’artrite reumatoide e sublima la passione per la musica in una vita dedicata alla formazione dei giovani. Nel 1999 fonda a Bari l’Accademia dei Cameristi, con lo scopo di formare i talenti (ancora al limite tra scuola e mondo del concertismo) al gusto della musica da camera, insieme ad artisti di grande reputazione, che per alcuni giorni lavorano in residenza su un repertorio che lei stessa sceglie con cura. La residenza – si scopre presto – è la casa di Mariarita Alfino, un ampio appartamento nel centro di Bari dove i musicisti vengono accolti come parte della famiglia.

Quest’anno l’Accademia dei Cameristi compie 20 anni, un periodo lungo: di concerti, sacrifici, ma anche grandi soddisfazioni, prima fra tutte lo sdoppiamento – diventato da doppio triplo – della stagione. I concerti, che si svolgono a Bari di lunedì sera nell’Auditorium della Vallisa, una chiesa dell’undicesimo secolo trasformato in preziosa sala da concerto, perfetta per la musica da camera, vengono replicati il giorno seguente al teatro Sociale di Fasano, sessanta chilometri a sud di Bari, e poi in una delle capitali europee della musica, grazie a una serie di accordi internazionali che portano i Cameristi a Parigi, Oslo, Vienna, Belfast, Cracovia, Varsavia, Strasburgo. La lista delle città non è che l’elenco parziale di una rete che va allargandosi sempre più. In buona parte si tratta di Istituti italiani di cultura all’estero o Università, attratte da quella parte dei programmi dedicati al repertorio strumentale italiano dell’Otto e Novecento, che sfatano l’idea della musica italiana di quei secoli unicamente legata all’opera (si veda la locandina sul loro sito www.accademiadeicameristi.com dove si possono ascoltare anche estratti audio dei concerti).

La carta vincente di questo gruppo è la qualità altissima delle produzioni, e ciò ha naturalmente allargato i confini del pubblico ma anche dei protagonisti. Se i primi anni i musicisti che prendevano parte alle produzioni erano brillanti studenti dei conservatori pugliesi, da qualche anno Mariarita Alfino è costretta a indire delle regolari audizioni che alla fine la obbligano pure a imbarazzanti rifiuti, visto che come dice lei stessa “arrivano giovani così bravi che ti vien voglia di prenderli tutti”. Se in alcuni casi ancora resiste l’idea originaria del tutor d’esperienza (Bruno Giuranna) che guida una compagine più giovane, spesso la formazione è composta da giovani già affermati concertisti (la violoncellista Erica Piccotti, il violista Daniel Palmizio, i violinisti Christian Sebastianutto, Cecilia Ziano, Masha Diatchenko, la pianista Gloria Campaner). E scorrendo le foto delle passate edizioni emoziona ritrovare autorevoli rappresentati della musica (i violinisti Giulio Rovighi e Francesca Dego, i violoncellisti Francesco Dillon e Giovanni Gnocchi, il pianista Emanuele Torquati per citarne solo qualcuno) che fanno parte della storia passata e presente: Dillon e Torquati tornano anche quest’anno ma separatamente.

La premessa era necessaria per contestualizzare il concerto d’apertura della ventesima stagione, affidata ad Alessandro Carbonare (clarinetto) e al quartetto Adorno con Edoardo Zosi e Liù Pellicciari (violini), Benedetta Bucci (viola) e Danilo Squitieri (violoncello), impegnati nei Quintetti K 581 di Mozart e op. 115 di Brahms. Due creazioni ultime, ispirate da due straordinari virtuosi (quello di Mozart è stato da Carbonare rigorosamente eseguito su un clarinetto di bassetto) ma anche reciprocamente legate: Brahms, quasi convinto a mettere da parte il suo lavoro di compositore, tornò alla musica scritta, con questo Quintetto (preceduto dal Trio op. 114 e seguito da due Sonate per clarinetto e pianoforte), intendendo rendere omaggio al precedente capolavoro mozartiano. 

Ascoltando il concerto l’altra sera è evidente che Carbonare (che ha anche introdotto l’ascolto con poche ma significative parole) sia uno dei più grandi clarinettisti al mondo; e che allo stesso tempo questo giovane quartetto (è stato fondato nel 2015) merita appieno l’attenzione che si sta conquistando, per il gusto raro del fare musica insieme, in cui nessuno si fa avanti sull’altro, piuttosto ricercando un suono comune. La Vallisa era gremita, soprattutto di clarinettisti venuti da tutta la regione, naturalmente tanti violinisti. Tanti applausi e un bis ricercatissimo: sole otto battute di un frammento di un altro quintetto mozartiano, indice della totale devozione di Carbonare alla musica e alla ricerca.

 

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Nuova opera sul dramma dell’emigrazione

classica

Napoli: per il Maggio della Musica

classica

Al Theater Basel L’incoronazione di Poppea di Monteverdi e il Requiem di Mozart in versione scenica