I mondi sonori di Maria João Pires

Milano: la pianista portoghese alla Società del Quartetto

Maria João Pires
Maria João Pires
Recensione
classica
Milano, Sala Verdi del Conservatorio
Maria João Pires
23 Novembre 2021

Accettando di sostituire all'ultimo momento Daniel Trifonov alla Società del Quartetto, Maria João Pires poteva immaginare una buona accoglienza visto che mancava da Milano da cinque anni, ma non certo la coda lunghissima che si è formata davanti al Conservatorio, la Sala Verdi piena zeppa e la tangibile emozione che si è subito creata. Perché questa minuta signora di 77 anni, erede di una cultura pianistica a rischio d'estinzione, è riuscita a sorprendere per energia, precisione e carica emotiva. Ha affrontato tre mondi diversi con una singolare empatia, arricchendo di turbamenti profondi l'apparente ingenuità della Sonata op. 120 di Schubert, facendo emergere i nervi strutturali dalle fantastiche armonie della Suite bergamasque di Debussy, ma è soprattutto nell'op. 111 di Beethoven che ha dato un saggio di quanta lucida vitalità disponga tutt'ora la grande pianista portoghese. L'impervio susseguirsi di metamorfosi nel secondo movimento ha davvero tolto il respiro, obbligando l'ascoltatore a inoltrarsi in paesaggi sonori sconosciuti. Più che naturale se al termine c'è stato un lungo silenzio e gli applausi sono stati interrotti soltanto dalla decisione di concedere un bis, l'Adagio della sonata n. 8 di Beethoven "Patetica". C'è soltanto da augurarsi che Maria João Pires torni presto, magari con Le variazioni Diabelli.

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