I Flaming Lips e il bambino interiore

Con di spalla i "nipotini" Verdena, la band di Wayne Coyne al GruVillage

Recensione
pop
GruVillage - Hiroshima Mon Amour Grugliasco
11 Luglio 2012
Quando è successo che i musicisti rock hanno cominciato ad essere depressi? Perché [i]deve[/i] esserci stato un tempo in cui il rock era una cosa grande e colorata, e le chitarre distorte potevano tener su un testo che non parlasse di morte, e che nello stesso tempo non fosse stupido – "pop", se vogliamo mantenere l’opposizione con il famigerato "indie". Un tempo in cui era perfettamente normale andare sul palco con delle mani giganti che sparano fasci di luce, con video di donne a seno nudo, cannoni che sparano stelle filanti e una pattuglia di ragazzine ballerine vestite da tirolesi. Questi e molti altri effetti speciali – d'altri tempi, in quanto così banalmente analogici – sono lo show dei Flaming Lips, per l’occasione in un [i]double-bill[/i] psichedelico insieme ai nipotini italiani Verdena, nella surreale location del centro commerciale Le Gru, fra effluvi di MacDonald’s portati dal vento e capannoni in lontananza. Tirare in ballo i Pink Floyd, per un recensore [i]indie[/i], è sempre molto poco cool: vanno di moda riferimenti più oscuri e per iniziati. Però non sfugge che i Flaming Lips hanno dedicato un album intero a rifare [i]The Dark Side of the Moon[/i], e che – mentre il loro cantante Wayne Coyne passeggia sul pubblico dentro una bolla di plastica trasparente – la band dietro suona “On the Run”, lato a del medesimo album. Poi c'è molta psichedelia americana, californiana, un po' di Zappa - altro riferimento obbligato - e un po' di molte altre cose. Presi tutti questi riferimenti, cresciuti e variati nella lunga carriera, i Flaming Lips ne hanno fatto una loro versione pop (nel senso di pop-art, di pastiche), ironica fino alla goliardia. Così come ironicamente trattano il sistema dell'industria musicale di oggi, facendo uscire dischi contenenti sangue umano (sì), o su supporti alternativi a forma di teschio, commestibili, suonando una canzone di 24 ore o battendo il record di più concerti nello stesso giorno. Poi, si può parlare a lungo di “calderone semiotico di 'segni' della cultura musicale popolare che trascende l'originario assunto neo-psichedelico”, come fa un noto sito web. Rimane che i Flaming Lips sono dei gigioni – diciamo così – che hanno capito molte cose. Ad esempio, che anche nell'animo del fan indie più puro e dello hipster più snob si nasconde un bambino interiore, che fa "ooooh" quando salta per toccare un palloncino colorato pieno di coriandoli.

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