Gardiner debutta con il Comunale di Bologna

A Bologna grande successo per il direttore britannico per la prima volta alla guida dell’Orchestra del Comunale.

GD

12 dicembre 2025 • 3 minuti di lettura

Sir John Eliot Gardiner e l'orchestra del Teatro Comunale di Bologna ( Foto Andrea Ranzi)
Sir John Eliot Gardiner e l'orchestra del Teatro Comunale di Bologna ( Foto Andrea Ranzi)

Auditorium Manzoni, Bologna

Sir John Eliot Gardiner e l'orchestra del Teatro Comunale di Bologna

07/12/2025 - 07/12/2025

In un concerto fuori programma e annunciato con non particolare preavviso, il Teatro Comunale di Bologna ha regalato al suo pubblico, anticipatamente rispetto a Natale, la possibilità di vedere e ascoltare il gigantesco Sir John Eliot Gardiner, uno dei direttori più celebri e stimati a livello internazionale e che per la prima volta nella sua carriera è salito sul podio alla guida della principale orchestra felsinea.

Gardiner, in realtà, mancava da Bologna da relativamente poco, cioè da settembre 2024, quando, alla guida dell’Orchestra Mozart, aveva infiammato e incantato il palcoscenico del Manzoni con un’esecuzione memorabile della Nona di Beethoven. Questa volta, il programma prevedeva Sogno di una notte di mezza estate di Mendelssohn (autore mai abbastanza presente nei cartelloni delle sale da concerto italiane) e la Sesta sinfonia di Dvořák.

Le musiche di scena composte da Mendelssohn per la rappresentazione dell’omonima commedia di Shakespeare sono state eseguite brillantemente dal direttore britannico, che ha scelto di progettare il suo mosaico interpretativo a partire dalla ricerca costante del fraseggio tra le varie sezioni orchestrali, unitamente a un non meno curato studio sull’agogica e sulle dinamiche della partitura. Nell’Ouverture è emerso raffinatamente il carattere cangiante e mobile del continuo susseguirsi di inedite atmosfere musicali; uno specifico “diminuendo” o “crescendo” conduceva a un altrettanto preciso paesaggio umorale, permettendo all’ascoltatore di visualizzare nitidamente una scena dell’opera shakespeariana, come se i suoi personaggi e le sue ambientazioni si materializzassero sul palcoscenico. Pertanto, è stato apprezzato pienamente il temperamento quasi capriccioso che Gardiner ha cucito sul primo brano, un opportuno e giocoso riflesso del dialogo vivace e battibeccante tra gli archi e i fiati; allo stesso modo, non sono passati inosservati i momenti più intimi ed elegiaci della partitura, tradotti in dolci e soavi “allargando”. Inoltre, di notevole pregio è risultata la prova del Coro del Comunale, preparato ottimamente da Gea Garatti Ansini, e delle due soliste Chiara Salentino e Matilde Lazzaroni, vocalmente efficaci e interpretativamente spigliate. Dunque, un’esecuzione magnificamente bilanciata in termini di musicalità e fraseggio e di maestosità (la veementemente trionfale Marcia nuziale) e intimista struggimento romantico.

Dopo l’intervallo, Sir Gardiner ha dispiegato tutta la potenza sonora della compagine bolognese in una poderosa, ma elegante e controllata perlustrazione dei meandri tardo-romantici della Boemia di Antonin Dvořák. La Sinfonia n. 6 in Re Maggiore è stata miracolosamente infusa di una peculiare “calma violenta”: la relazione tra tensione e distensione non si è sperimentata esclusivamente – e banalmente – durante il passaggio tra il propulsivo Allegro iniziale e il gentile Adagio successivo, ma anche e soprattutto all’interno dei movimenti stessi. Ogni animosa sferzata verso il “forte” comprendeva, dialetticamente e quasi per germinazione autonoma, una sussurrata e placida ritirata verso il “piano”, come se la magniloquenza dell’opera fosse riportata educatamente all’ordine, eppure senza mai essere sopita totalmente. Questa disposizione emotiva è affiorata con ancora maggiore pregnanza nel caratterialmente bipartito Scherzo (eseguito vitalisticamente con i musicisti in piedi), rabbioso (con gli ottoni talvolta eccessivamente rumorosi) e cautamente danzante (con la dolce pasta melodica dei legni e la liscia omogeneità degli archi). Nell’ultimo movimento, il direttore inglese non si è risparmiato in termini di maestosità sinfonica, prima accelerando e poi improvvisamente dilatando il tempo e simultaneamente elevando o riducendo l’intensità sonora, ma sempre prediligendo gli incastri ritmici e melodici tra gli strumenti in accennati eppure travolgenti fugati.

L’Orchestra del Comunale, a fronte di un programma tecnicamente e interpretativamente così ricco e complesso e in virtù delle poche prove a disposizione con un direttore di tale calibro, è risultata più che sufficiente. In effetti, il suono compatto e omogeneo dell’ensemble felsineo, di cui spiccano sicuramente i legni e gli archi, è riuscito a sovrastare anche alcune spiacevoli imprecisioni tecniche (imputabili soprattutto alla sezione degli ottoni) e incertezze ritmiche.

Al termine del concerto, lunghi e fragorosi applausi per tutti, con meritati picchi di entusiasmo per Sir Gardiner.