Dantone e le metamorfosi della Filarmonica della Scala

Milano: successo per il concerto con Gluck, Haydn e Schubert

Ottavio Dantone (Foto Silvia Lelli)
Ottavio Dantone (Foto Silvia Lelli)
Recensione
classica
Milano, Teatro alla Scala
Ottavio Dantone e la Filarmonica della Scala
03 Febbraio 2020

La Filarmonica della Scala è capace di metamorfosi sorprendenti. Vero che al suo interno è nato da tempo un organico che si dedica alla musica barocca, ma sotto la guida di Ottavio Dantone ha mostrato d'essere in grado di generare sonorità nette, vigorose, taglienti, alle quali siamo poco assuefatti. In apertura di serata il direttore ha utilizzato come biglietto da visita la Danza delle Furie e la Danza degli spiriti beati dall'Orfeo e Euridice di Gluck, trascinante la prima, algida la seconda. Meno fatata ma assai concreta. Non è stata quindi una sorpresa l'attacco della Sinfonia n. 104 di Haydn, London, sfrondato dalle premonizioni beethoveniane alle quali ci ha abituato l'ascolto discografico (vedi le edizioni di Karajan o di Bernstein) e la conseguente incisiva esecuzione, con gli interventi decisi degli ottoni, dei timpani, dei fiati, in uno straordinario equilibrio di voci e straordinaria visione unitaria. Con un rispetto assoluto dei momenti sospesi, quasi malinconici, che contrastano con quelli più sostenuti. Un effetto davvero stupefacente. Questa meticolosa energia è stata messa in atto da Dantone anche nella seconda parte del programma, con la Quarta sinfonia di Schubert, Tragica, che tuttavia ha penalizzato un poco l'iniziale Adagio e Allegro, mettendo in secondo piano l'atmosfera di raccoglimento a favore dei ritmi più affannosi, come pure dell'Andante. Gli altri due movimenti invece ne hanno avuto grande vantaggio, proprio per la loro gioiosa frenesia.

Molti e meritatissimi gli applausi a fine serata per La Filarmonica e per Dantone, che ha dimostrato grande lucidità anche al di fuori del suo prediletto repertorio barocco.

 

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