Ancora Rigoletto, ma stavolta “le spectateur s’amuse”

La Filarmonica Romana omaggia Michele dall’Ongaro (per non dire Giuseppe Verdi)

Gilda, mia Gilda (per non dire il Rigoletto)
Gilda, mia Gilda (per non dire il Rigoletto)
Recensione
classica
I Giardini della Filarmonica
Gilda, mia Gilda (per non dire il Rigoletto)
03 Luglio 2019

Oltre a proporsi come finestra su varie realtà internazionali (dalla Slovacchia all’Iran, dalla Corea del Sud alla Colombia) e a presentare al pubblico della Capitale diversi giovani prodigi, il Festival estivo dell’Accademia Filarmonica Romana ha ri-proposto un lavoro di Michele dall’Ongaro scritto nel 2001 in occasione del centenario della morte di Giuseppe Verdi, assecondando una geniale idea di Giorgio Battistelli, al tempo direttore della Società Aquilana dei concerti Barattelli. Battistelli chiese ad alcuni compositori contemporanei di realizzare un ciclo di quattordici opere di Verdi, raccontate e commentate da quel formidabile narratore che era Vittorio Sermonti. Ne nacque una serie di partiture che intrecciavano un divertente dialogo, rigorosamente cameristico, col sacro testo verdiano, mentre Sermonti ne esplorava il libretto (tratto dal drammadi Victor Hugo Le Roi s'amuse) e lo riproponeva agli ascoltatori. Dall’Ongaro si cimentò nientemeno che col Rigoletto e realizzò così quel simpatico melologo intitolato Gilda, mia Gilda (per non dire il Rigoletto), con cui peraltro si è conclusa la giornata con cui la storica associazione ha voluto omaggiare lo stesso compositore romano.

Se nell’appuntamento musicale di apertura – affidato al Quartetto Henao – la scrittura cameristica che dall’Ongaro sperimentava nel suo Quartetto per archi n. 5 è stata semplicemente ‘affiancata’ all’unica partitura scritta dal Cigno di Busseto per questa formazione (il celebre Quartetto in mi minore), nel melologo, proposto successivamente nella suggestiva cornice dei Giardini della Filarmonica, è apparso chiaro che l’operazione era tutt’altro che irriverente, puntando piuttosto a restituire un Verdi analizzato, smontato e ricomposto, soprattutto funzionale alla narrazione.

Brevi citazioni, anche quelle originali diffuse attraverso un immaginario apparecchio radiofonico, effetti sonori, sintetiche ed efficaci elaborazioni delle melodie verdiane, ecc. Così dall’Ongaro ha pensato di estrarre dalla partitura verdiana un distillato musicale che fosse pienamente funzionale al testo ideato da Sermonti. All’interno del quale la storia del gobbo giullare veniva presentata passando attraverso le vicende, gli stati d’animo dei protagonisti e, non ultimo, lo sguardo geniale e divertito dello scrittore scomparso nel 2016. Più che efficace l’apporto del Quartetto Henao che, insieme al contrabbassista Antonio Sciancalepore, si è giovato dell’esperta guida di Erasmo Gaudiomonte (che pure diresse la prima aquilana). Al suo debutto nel ruolo che fu originariamente di Sermonti e poi di interpreti come Sonia Bergamasco e Sonia Grandis, l’attore Alfonso Veneroso ha saputo coinvolgere in modo eccellente il pubblico all’interno di un vero e proprio slalom tra le personalità di Rigoletto e della figlia, nonché del Duca di Mantova e di Sparafucile.

Gilda, mia Gilda si è confermato un lavoro decisamente piacevole, forse non indicato a quanti desiderano avere un approccio in stile ‘wikipedia’ col capolavoro di Verdi, bensì adatto a chi ben lo conosce ed è pertanto in grado di cogliere tutte le più minute sfumature sia del racconto che della musica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Napoli: per il Maggio della Musica

classica

Nuova opera sul dramma dell’emigrazione

classica

Un'interessantissima lettura della Nona