1930: Fuga verso Hollywood

A Francoforte un festival ripercorre le solide radici europee della musica del cinema classico americano

Cinema Hollywood musica (Alte Oper Frankfurt - foto Tibor Pluto)
Alte Oper Frankfurt - foto Tibor Pluto
Recensione
classica
Alte Oper, Francoforte
Exodus nach Hollywood
14 Novembre 2019 - 16 Novembre 2019

Era nato a Vienna nel 1888 Max Steiner, discendente di una dinastia di direttori di teatro: del celebre Theater an der Wien era stato direttore nonno Maximilian ma anche il padre Gabor ne diresse molti e vi aggiunse anche luna park. Fra gli amici di famiglia c’erano Johann Strauss figlio, Jacques Offenbach, Franz Lehár e Richard Strauss, che fu anche suo padrino di battesimo. Anche i suoi insegnanti non furono meno illustri: Johannes Brahms lo avviò allo studio del pianoforte e Gustav Mahler alla composizione.

Aveva tutti i numeri per continuare la grande tradizione viennese e invece allo scoppio della prima guerra mondiale se ne andò a Londra. Da lì emigrò a New York, dove restò 14 anni prima di andarsene a Hollywood, già capitale del cinema, allora agli albori del sonoro, e "inventare" la musica da film. di Steiner sono le colonne sonore di alcune fra le pietre miliari del cinema made in RKO prima e Warner Bros. in seguito. 

È proprio con la celebre musica composta da Steiner per Via col vento che si apre la tre giorni di Exodus nach Hollywood, esodo a Hollywod, minifestival all’Alte Oper di Francoforte dedicato alle solide radici viennesi (ma non solo) della musica da film dell’età dell’oro del cinema.

«Spesso si sente dire che la buona musica per il cinema è quella che non si fa per niente notare, ma io chiedo sempre: “Come può essere buona se non la noti?”», affermava Max Steiner. La sua musica si notava eccome nel primo dei concerti, che vedeva protagonista la scintillante hr-Sinfonieorchester di Francoforte diretta con grande slancio da Frank Strobel, autentico specialista del genere musica da film. Dopo l’infuocato romanticismo del tema principale del film di Victor Fleming, pietra miliare della storia del cinema americano, si tornava all’Austria di Franz Schreker con le sfuggenti atmosfere liquide del Preludio di Die Gezeichneten, lavoro scosso da tensioni freudiane come molta della sua produzione teatrale, e di Erich Wolfgang Korngold, figura emblematica della diaspora innescata dai nefasti sviluppi politici degli anni Trenta.

Legatissimo alla tradizione del tardoromanticismo post-wagneriano, Korngold trapianta con successo le forme canoniche della musica colta europea nel nuovo mezzo, come se il cinema fosse l’erede naturale frutto dell’evoluzione tecnologica della grande tradizione del teatro musicale europeo. Il Concerto per violoncello e orchestra del 1946, interpretato con autorità dal solista Valentino Worlitzsch in un dialogo complesso con l’orchestra densa che esplode dei colori tipici del compositore viennese, fu il risultato di una “post produzione” sui temi musicali del il film Il prezzo dell’inganno (Deception), in cui Bette Davis era contesa fra un violoncellista di talento (Paul Henreid) e un celebre compositore (Claude Rains). Dedicato ancora a Max Steiner il piatto forte della serata, la proiezione di una versione ridotta, ma con tutti i momenti topici, del primo King Kong del 1933, kolossal RKO che codifica i topoi musicali del film d’avventura per i decenni a venire. Molto riuscita l’interazione fra il collage dei temi originali curato da Stefan Behrisch e la riduzione filmica su grande schermo alle spalle dell’orchestra. 

Il programma della seconda serata era curato dall’Ensemble Modern in geometrie variabili con un occhio di riguardo alle avanguardie storiche della seconda scuola viennese. Apriva il programma il breve pezzo di Arnold Schönberg Begleitungsmusik zu einer Lichtspielszene, ossia musica di accompagnamento a un film immaginario articolato nei tre momenti topici di minaccia, paura e catastrofe coniugati in rigoroso lessico dodecafonico. Non necessariamente cinematografici gli altri compositori, scelti più per rendere la temperie dei fermenti culturali e musicali della Vienna post-imperiale: l’impressionistico colorismo di Der Wind di Franz Schreker, il puntillismo cerebrale del Konzert op. 24 di Anton Webern, l’estenuato tardoromanticismo dei due frammenti del Quartett di Alexander von Zemlinsky e ancora l’embrionale dodecafonia della Kammersymphonie n. 1 di Schönberg.

Il cinema tornava con The Fall of the House of Usher, cortometraggio muto del 1928 dei cineasti d’avanguardia James Sibley Watson e Melville Webber, cui la compositrice olandese Iris Ter Schiphorst dava nel 2014 un contrappunto musicale per tromba (che all’Alte Oper era quella virtuosamente poliedrica di Sava Stoianov) e ensemble strumentale direttamente ispirato all’astratto sperimentalismo dell’onirismo antinarrativo del film. 

Serata finale con la “Lange Nacht”, una maratona lunga cinque ore in moduli paralleli di un’ora nelle tre sale dell’Alte Oper. Partenza comune nella Sala Grande ancora con la hr Sinfonieorchester in grande spolvero per John Williams, rappresentante fra i più affermati della seconda generazione della diaspora, ricordato con il celebre tema di Star Wars, seguito da due Korngold, pre- e post-Hollywood, cioè l’ouverture sinfonica Sursum corda del 1920 e le musiche per The Adventures of Robin Hood, lavoro che marca la fuga per la salvezza verso Hollywood negli anni dell’Anschluss hitleriana («Ci consideravamo austriaci, Hitler ci trasformò in ebrei» disse anni dopo).

Chiudeva un omaggio al compositore forse più rappresentativo dell’ultima stagione della grande civiltà musicale viennese, Gustav Mahler, entrato di diritto nella storia del cinema lui malgrado per volontà di Luchino Visconti che volle l’Adagietto della Sinfonia n. 5 per accompagnare l’impossibile e tragico sogno di Morte a Venezia. Difficile dare conto di tutti gli appuntamenti della grande cavalcata cinemusicale nel grande cinema e in quello più sperimentale praticato ad esempio dal “brechtiano” Hanns Eisler nella sua parentesi americana – per nulla filtrata nella sua impermeabile estetica espressionista – ben documentata dall’Ensemble KNM di Berlino diretto da Frank Strobel nella Kammer-Sinfonie op. 69 del 1940 riciclata come commento musicale per il contemporaneo documentario White Flood di Lionel Berman, David Wilff e Robert Stebbins. Ancora Eisler, quello dei Lieder dell’Hollywood Songbook, veniva proposto dal modesto baritono Daniel Schmutzhard accompagnato dal brillante pianista Gerold Huber e arricchito da una scelta preziosa di Lieder di Korngold e di Mahler. 

Non parlava solo tedesco la vecchia Hollywood ma anche un po’ russo. Come Dimitri Tiomkin, ricordato con una suite di temi del celebre Mezzogiorno di fuoco eseguiti ancora dalla hr-Sinfoniorchester diretta da Frank Strobel , compresa la celebre “Do Not Forsake Me, My Darling” eseguita dal tenebroso baritono Iurii Samoilov in pertinente tenuta da cowboy. Nel resto del programma “Dietro la cortina di ferro”, non mancavano ovviamente un omaggio ai due pilastri della musica sovietica del Novecento, Sergej Prokof'ev e Dmitrij Šostakovič. Del primo veniva eseguita la travolgente Ouverture e soprattutto la musica che accompagna la grandiosa battaglia di Kazan di Ivan il Terribile di Sergej Eizenstein. Del secondo, una suite di temi popolareschi composti per lo sconosciuto Odna (Sola) del 1931 e il più noto Valzer n.2 dalla Suite per Orchestra di Varietà impiegato da Stanley Kubrick nel suo ultimo film Eyes Wide Shut del 1999. 

Gran finale collettivo ancora nella Sala Grande e ancora con la hr-Sinfonieorchester che apriva con una suite di temi composti da Max Steiner per il celeberrimo Casablanca (e ovviamente non mancava l’iconica “As Time Goes By” di Herman Hupfeld) e proseguiva con il tema d’amore di Ben Hur di un altro nome classico della Hollywood d’oro, Miklós Rósza, per concludere con i nuovi classici del nostro tempo – Hans Zimmer con Il gladiatore, Alan Silvestri con Ritorno al futuro, Jerry Goldsmith con Il pianeta delle Scimmie e James Horner con Avatar. Se qualcosa dicono le voci della generazione più recente è che i semi di quella diaspora vecchia quasi un secolo continuano a dare frutti rigogliosi. 

 

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Nuova opera sul dramma dell’emigrazione

classica

Napoli: per il Maggio della Musica

classica

Al Theater Basel L’incoronazione di Poppea di Monteverdi e il Requiem di Mozart in versione scenica