Touch: il ritorno dei Tortoise

I pionieri del post rock rimescolano le carte con magistrale efficacia

AC

23 ottobre 2025 • 2 minuti di lettura

Tortoise
Tortoise

Tortoise

Touch

International Anthem / Nonesuch 2025

Assenti discograficamente dal 2016, quando pubblicarono The Catastrophist, i Tortoise si rifanno vivi ora con Touch.

Allineandosi all’intestazione, da un paio di decenni la carriera della band ha adottato un passo da tartaruga, dovuto ai crescenti impegni professionali dei singoli componenti e soprattutto alle difficoltà logistiche: la gentrificazione di Chicago ha innescato una forza centrifuga che ha spinto tre di loro ad allontanarsene.

Spiegava qualche settimana fa Dan Bitney a “The Guardian”: “Adesso è un posto completamente diverso: fiorai costosi, panetterie, caffè… A quei tempi le strade erano deserte, fatta eccezione per le gang di motociclisti”. Il legame ombelicale con la città rimane, comunque: prova ne sia il fatto che, rinunciando dopo sette album al marchio Thrill Jockey, si sono accasati presso un’altra etichetta indipendente di zona, l’influente International Anthem.

Inoltre, sede delle registrazioni conclusive di un lavoro cominciato nel 2021 è stato lo studio Electrical Audio, lascito del compianto Steve Albini, uno dei poli gravitazionali della multiforme scena locale, delimitata ai capi opposti dall’avant-jazz propugnato dall’AACM e dalla vibrazione house originaria. Risultante incidentale dei vari e divergenti vettori autoctoni, il vocabolario musicale del gruppo è diventato – volenti o nolenti – sinonimo di “post rock”: formula che gli interessati hanno finito per accettare. “In un utopistico mondo ideale, la musica non andrebbe descritta in quei termini, ma la mente umana non funziona così: la gente vuole un quadro di riferimento”, ha ammesso Doug McCombs.

La versione aggiornata del codice è condensata in una decina di brani: “drammi senza parole”, nella definizione degli autori, che rimescolano le carte con elegante disinvoltura. L’incipit è sorprendentemente rock, ad esempio: segni distintivi di “Vexations” sono la cadenza tetragona, il twang di chitarra, che riaffiora poi all’epilogo, nell’epica di “Night Gang”, e gli eloquenti accenti “prog”, percepibili anche negli arpeggi di tastiera durante “Layered Presence”.

Il campionario include addirittura un divertissement techno chiamato “Elka”, immediatamente contrastato dallo struggente spleen cinematografico di “Promenade à Deux”, cui segue l’esercizio “motorik” di scuola Krautrock inscenato in “Axial Seamount” (nome di un minaccioso vulcano sottomarino al largo dell’Oregon), mentre “Works and Days” sprigiona una tenue fragranza rétro.

Sensazione analoga in “A Title Comes”, che allude vagamente al jazz, come del resto fa pure l’ambientazione retrofuturista di “Oganesson”, intitolata a un elemento chimico transuranico di recente acquisizione (simbolo del quale è la sigla citata in “Rated OG”, sketch che non sfigurerebbe nel repertorio dei nostri Calibro 35).

Animato da freschezza inventiva, realizzato con la consueta maestria strumentale e godibilissimo all’ascolto, Touch è un disco in grado di reggere onorevolmente il confronto con gli apici raggiunti a fine Novecento in Millions Now Living Will Never Die e TNT.

Non più rivoluzionari, i Tortoise hanno conseguito frattanto status istituzionale: lo attesta il concerto insieme alla Chicago Philharmonic in programma l’11 novembre, inserito in una tournée che sbarcherà in Europa all’inizio del 2026. Unica tappa italiana: il 25 gennaio a Perugia.