Motus Laevus, i confini del Mediterraneo

Splendido primo lavoro per Motus Laevus, trio del fiatista Edmondo Romano con Tina Omerzo e Luca Falomi

Motus Laevus - Edmondo Romano
Disco
world
Motus Laevus
Y
Felmay
2020

«Sono fermamente convinta che la storia del mondo possa essere raccontata partendo dai margini, che siano isole remote o interruzioni nella tradizione, lo spazio bianco nei libri di storia. Nella realtà dei fatti, ciò che è al margine è il centro del mondo»: la sostanziosa citazione arriva da una recente intervista a Judith Schalansky, scrittrice e saggista di grande spessore. Se proviamo ad applicarla alla musica, scopriremo che calza alla perfezione a tutte quelle splendide note apolidi e che arrivano dai margini della storia ben di rado raccontata dai media, con il loro ossessivo ribattere su chi ha già visibilità e potere. Il jazz di confine che sa nutrirsi di una miriade di innesti culturali da altre tradizioni, vicine o lontane che siano al suo cuore originario afromediterraneo poi portato a batterie colpi cadenzati nelle Americhe è oggi spesso (e purtroppo) uno «spazio bianco nei libri di storia». Cresciuto sulle intuizioni di chi, negli anni Sessanta del secolo scorso, è tornato ad approfondire la matassa di innesti multiculturali in realtà sempre  presente sotto traccia, ha avuto un suo momento di fulgore fino a quando s’è parlato di “world music”. Con tutti i rischi di approssimazione del caso, ma anche con magnifici esiti creativi. Anche in Italia. 

Qualcuno ricorderà che, su quel sentiero pieno di svolte e paesaggi sonori inattesi allo scorcio degli anni Novanta, e nella prima parte del decennio successivo, operarono gli Avarta, un gruppo davvero senza confini, la cui “interruzione nella tradizione” ha rappresentato, in realtà, riprendere e ritessere mille fili lasciati cadere della stessa. Un viaggio pan-mediterraneo che ha lasciato due dischi splendidi, e un terzo rimasto purtroppo inedito. Edmondo Romano, fiatista che alterna al sax soprano flauti e ance “etniche”  mediterranee e nordiche (ma pur sempre scaturigine del Mediterraneo) era una delle colonne di Avarta. Poi sono arrivate per lui mille altre avventure sonore, dal neo progressive alle note balcaniche e turche, dalla nuova a musica acustica a tratteggi che tenevano in conto richiami ambient e minimalistici. 

Tutti i conti tornano, ora che è nato Motus Laevus: un inedito triangolo sonoro equilatero che negli altri angoli ha la pianista e vocalist slovena Tina Omerzo, da molti anni con base genovese, e alle chitarre Luca Falomi, forse il miglior nuovo talento delle corde senza confini tra world music e jazz venuto alla ribalta negli ultimi anni in Liguria: vedi alla voce Esperanto Trio, di cui è in uscita un disco notevole. Aggiungete qui anche le comparsate da ospiti di Rodolfo Cervetto, che proprio del Trio citato è uno dei protagonisti, e Marco Fadda, percussionista virtuoso che fu accanto a Romano negli Avarta. 

Il risultato è un disco per molti versi struggente, che  sa sfiorare a volo d’uccello mille paesaggi sonori mediterranei diversi, tra richiami a note croate e greco-turche, tempi composti e dispari, ballate nel segno dell’incanto, improvvisazione e scrittura in equilibrio pressoché perfetto.

Tornano, con scintillante e al contempo sobria veste nuova due brani che furono in repertorio agli Avarta nei loro due dischi, "Gream Paralele" e "Shanfara". La migliore avventura, crediamo, sarà quando queste note potranno risuonare dal vivo, assumendo altri e imprevedibili riflessi cangianti: la bussola del Motus Laevus punta molti Nord possibili: basta rovesciare il punto di vista sulle carte geografiche, e rimettersi in ascolto. 

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