Le donne di Maria Pia De Vito

This Woman’s Work è il nuovo album della cantante napoletana

De Vito
Disco
jazz
Maria Pia De Vito
This Woman’s Work
Parco della Musica Records
2023

C’è stata e c’è una generazione fortunata e assieme a rischio, nell’Italia contemporanea delle note di qualità. La generazione dei sessantenni. Premesso che qui non si tenta alcuna opera da laudatores temporis acti, e che le età dell’oro esistono solo nella mente dei Paperoni, questa generazione in Italia continua a scrivere pagine importanti della musica.

Per diversi fattori propositivi concomitanti. Se un baricentro geografico si può senz’altro indicare in alcune importanti città del Nord, è altrettanto vero che uno degli spezzoni più rilevanti della generazione fortunata e azzardata ha fatto centro su Napoli.

Gli anni Settanta napoletani ci hanno portato in dote, tra gli altri, Napoli Centrale e James Senese, Pino Daniele e Mario Schiano, La Nuova Compagnia di Canto Popolare e Musica Nova, Osanna e Daniele Sepe e Maria Pia De Vito.

Focus su quest’ultima, qui: che negli anni delle sua giovinezza, come ha dichiarato di recente, ha conosciuto una Napoli musicale “che friggeva”: ottimo preludio, e sempre tornando a sue parole, per un futuro a venire dove avrebbe contato per lei “l’intersezione fra i linguaggi”.

Maria Pia De Vito è una musicista polistrumentista, una vocalist e una donna di pensiero che sta in equilibrio su una vertigine di musica: arrischia sempre il passo nel vuoto, e, come Indiana Jones, fa materializzare il ponte di pietra sull’abisso.

Il collante e buona parte del materiale di costruzione è il jazz e la capacità di improvvisare, i mattoni policromi arrivano dalla parte più riflessiva e curiosa del rock, in varie declinazioni geografiche e temporali (ma con un centro di gravità: Joni Mitchell), dai patrimoni folklorici, dalla musica antica che già gettava ami ed esche nel futuro.

Il suo penultimo disco, Dreamers, era acustico e dedicato a chi seppe costruire con le canzoni almeno l’indizio di un mondo più vivibile e giusto, negli Usa di cinque decenni fa.

Adesso arriva This Woman’s Work – ovvio riferimento al titolo e al brano qui riaffrontato di Kate Bush, a proposito di signore libere delle note – un disco elettrico, attorno musicisti giovani e giovanissimi. Un mood che conquista al primo ascolto, anche se la polpa melodica, armonica e ritmica è tutt’altro che semplice, ricavata in parte da originals, in parte da composizioni a tutto campo che per qualche motivo hanno innescato riflessioni ed emozioni in De Vito.

Qualche esempio? "I Want To Vanish" di Costello, "Lonely Woman” di Ornette Coleman, "Here The Moon" di Sidsel Endresen,

L’idea di fondo è stata quella di elaborare e indicare strategie di sopravvivenza per le donne in un mondo che continua ad essere nella morsa di un patriarcato che finge di non esistere, ma appiccica etichette di isterismo e/o debolezza comunque una donna si muova per esistere in un “men’s world”, per dirla con James Brown.

La musica oscilla tra vaporose atmosfere friselliane dal chitarrista Giacomo Ancillotto a sferzanti impennate memori degli Area, vedi la forza nuda di "Dispossesion". L’elettronica alona spesso i brani, gli sciami poliritmici della giovane batterista Evita Polidoro sono splendida cornice sincronica. Completano la formazione Mirco Rubegni alla tromba e Matteo Bortone al basso. E lei, Maria Pia De Vito, con la sua voce d’ambra, di scura seta, di fiamma rappresa illumina e guida.

 

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