Weirdo: l’impressionante fai-da-te di Emma-Jean Thackray
Il secondo album della jazzista britannica nasce dall’elaborazione di un lutto

Più che “stramba”, come suggerisce il titolo dell’album, Emma-Jean Thackray è impressionante. Ha realizzato infatti Weirdo in solitudine quasi perfetta: componendo, cantando, suonando una quindicina di strumenti (ritmiche, tastiere, chitarra e fiati), producendo e mixando.
In questo modo la trentacinquenne jazzista originaria di Leeds, in gioventù allieva di Keith Tippett presso il Royal Welsh College of Music and Drama a Cardiff, sognando di diventare “la nuova Carla Bley”, e attirata infine nell’orbita della fertile scena londinese, ha messo a frutto un bagaglio di esperienze che include persino l’attività da Dj e conduttrice radiofonica.
Abituata tanto al palco di Glastonbury quanto alla compagnia della London Symphony Orchestra, aveva esibito già il proprio talento debuttando nel 2021 con Yellow, grazie al quale conquistò l’attenzione di Gilles Peterson, ora suo editore tramite l’etichetta Brownswood e anfitrione nel video di “Wanna Die”, sincopato numero di scuola acid jazz.
Qui la ascoltiamo cantare: “Non voglio morire, solo dormire un po’, forse per sempre”. Svela così il movente emotivo che indirizza il corso dell’opera: l’elaborazione del lutto per la scomparsa del partner, il musicista e produttore Matthew Gordon.
“Ho passato un periodo davvero difficile e sono rimasta un anno chiusa in una stanza, mandando tutti affanculo e lavorando sulla mia musica”, ha confessato a “Musicradar”. Ecco allora l’invocazione nottambula – “Non trovo pace, perciò lasciatemi dormire” – intonata nell’eloquente “Let Me Sleep” e gli interrogativi sul destino degli elementi che punteggiano “Where’d You Go”, metafore di un dubbio esistenziale – “Dove va a finire la mente quando moriamo?” – espresso prima di imbracciare la tromba, suo strumento elettivo, per disegnarne l’epilogo struggente.
Affrontare il trauma a viso aperto ha avuto un effetto terapeutico: “Fare questo disco mi ha salvato la vita”, conferma lei. In che modo lo spiega il refrain di “Black Hole”: “Sono in un buco nero di disperazione, solo il ritmo può tirarmi fuori”. A scandirlo è in quel caso la propulsione P-funk del basso, su cui – affiancandola – si esercita in vocalizzi a stile libero il performer tuttofare Reggie Watts. Unica altra eccezione al fai-da-te è il cammeo del rapper e batterista statunitense Kassa Overall in “It’s Okay”: “So che sei stanca, ma mantieni vivo lo spirito e lascia che vada tutto bene”, le dice fraternamente, immerso in un’atmosfera da hip hop aristocratico di stampo Jazzmatazz.
Il toccasana arriva subito dopo con “Remedy”, fra vibrazioni dub, armonie R&B e coralità da spiritual, compilando un ricettario a base di verdure, tè, limone, zenzero, miele, dopamina o magari l’abbraccio a un albero. È il preludio al sollievo manifestato poi nell’intenso dinamismo di “Thank You for the Day”: “Senti la brezza muoversi fra gli alberi, api e uccelli volano disinvolti nella burrasca, neve e ghiaccio mi baciano con un pugno, i lividi blu e viola sono un dono”. Weirdo si conclude su questa nota di conforto, al termine di un percorso di sofferenza compiuto facendo leva sulla musica: dal calore afrobeat di “Save Me” allo swing “fusion” di “What Is the Point” passando dal funk rock in distorsione di “Maybe Nowhere”.