La protesta degli Specials

In Protest Songs 1924-2012 gli Specials rifanno in chiave quasi folk le canzoni di protesta, e si dimostrano still pissed off 

The Specials protest songs
Disco
pop
The Specials
Protest Songs
Universal
2021

 Encore degli Specials viene pubblicato nel 2019, seguito da un tour di grande successo; le idee non mancano e quindi i componenti del gruppo si danno appuntamento in studio per febbraio 2020, ma il cantante e chitarrista Lynval Golding e il bassista Horace Panter si ammalano di Covid, scombinando i piani del gruppo.

Il 2020 non passerà alla storia solo per la pandemia ma anche per le proteste di massa che hanno attraversato gli Stati Uniti conseguentemente all’uccisione di George Floyd, ed ecco che gli Specials decidono di lavorare a un progetto estemporaneo: selezionano un gran numero di protest song scritte negli ultimi cento anni, ne scelgono dodici (quattordici nella deluxe edition) e le re-interpretano, mostrando purtroppo la loro attualità. Si parte dal 1924 per arrivare al 2012 e, come vedremo, non mancano le sorprese. E allora andiamo con Protest Songs 1924-2012.

The Specials Protest songs

Il 1979 vede l’affermarsi in Inghilterra dello ska revival, soprattutto grazie all’etichetta 2 Tone Records; l’anno seguente si arrende anche l’Europa, Italia inclusa: il 10 ottobre a Torino suonano i Madness, con i Lambrettas come gruppo spalla, mentre a metà dicembre arrivano i Selecter. Molto bene, ma gli Specials? In fin dei conti sono loro che voglio vedere più degli altri.

Niente, gli Specials non vengono. Dovrò aspettare il 15 luglio 2010 quando, grazie al Traffic Free Festival, dopo un’esibizione non proprio memorabile di Paul Weller, il gruppo darà vita a un concerto molto muscolare che non tradirà le mie aspettative. Cosa c’entra tutto ciò con Protest Songs? Niente, assolutamente niente, se non a sottolineare che sono un fan della prima ora.

L’estate degli Specials era cominciata con la ristampa rimasterizzata dell’EP Ghost Town per festeggiare i 40 anni della sua prima pubblicazione: la versione estesa contiene un bellissimo assolo del trombonista Rico Rodriguez, scomparso sei anni fa, e il testo suona sinistramente attuale: «This town is coming like a ghost town, all the clubs have been closed down, this place is coming like a ghost town, bands won't play no more, too much fighting on the dance floor. Do you remember the good old days before the ghost town? We danced and sang, and the music played in a de boomtown».

«They say: "If you was white, you's alright, if you was brown, stick around, but if you's black, oh, brother, get back, get back, get back» – Big Bill Broonzy, “Black, brown and white”

Con Protest Songs non aspettatevi gli Specials a cui siete abituati: ci troviamo di fronte infatti a un album che non fatico a definire folk, con arrangiamenti scarni, dove si punta sulle voci e sulla scelta attenta delle canzoni.

Si comincia con un classico di Pop Staples, “Freedom Highway”, dedicato alla marcia per il diritto di voto da Selma a Montgomery e inciso nel 1965 dagli Staples Singers.

Si prosegue con “Everybody Knows” scritta da Leonard Cohen and Sharon Robinson, e “I don’t Mind Failing in this World / I Live in a City”, due canzoni deliziose scritte dalla cantante nonché attivista politica Malvina Reynolds.

“Ain’t Gonna let Nobody Turn us around” è la canzone più vecchia della raccolta, uno spiritual scritto nel 1924 e inciso per la prima volta tre anni più tardi dai Dixie Jubilee Singers; la più recente invece è “Fuck All the Perfect People”, scritta nel 2012 da Chip Taylor, l’autore della celebre “Wild Thing”, e cantata quasi sottovoce da Terry Hall, anche se il testo manda a quel paese i perfettini, quelli che sono convinti di essere sempre dalla parte della ragione.

Le sorprese sono rappresentate dalle versioni di “Listening Wind”, originariamente inclusa in Remain in Light dei Talking Heads e qui affidata alla voce della giovane cantante britannica Hannah Hu, “Get up, Stand up”, scritta da Bob Marley e Peter Tosh e inclusa nell’album Burnin’ del 1973, qui in versione totalmente acustica e cantata di Lynval Golding, e “Trouble every Day”, brano scritto durante gli scontri di Watts che Frank Zappa volle inserire l’anno successive in Freak Out.

Ancora un cenno per una delle vette del disco, la versione toccante di “Soldiers Who Want to Be Heroes”, canzone scritta da Rod McKuen che divenne famosa all’inizio degli anni Settanta, quando lo sforzo bellico statunitense in Vietnam raggiunse il suo apice: «Soldati che vogliono diventare eroi, il numero è praticamente zero, ma ce ne sono milioni che vogliono essere civili».

“Ghost Town”, cronaca perfetta del tempo in cui fu scritta, fu l’ultima protest song a raggiungere la vetta della classifica di vendita inglese; 40 anni più tardi gli Specials riescono nel difficile compito di modellare una colonna sonora efficace per questi tempi inquieti. Come scrivono sulla loro pagina Facebook, gli Specials sono ancora incazzati.

the specials

 

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

pop

Akoma, il cuore pulsante di Jlin

Il nuovo lavoro della produttrice afroamericana Jlin, con comparsate di Björk, Philip Glass e Kronos Quartet

Alberto Campo
pop

Il futuro luminoso di Adrianne Lenker

Bright Future è il nuovo lavoro di Adrianne Lenker, in libera uscita dai Big Thief

pop

Julia Holter, la Sibilla di Los Angeles

Il nuovo album della cantautrice statunitense Julia Holter, Something in the Room She Moves

Alberto Campo